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MTC n. 30: la ricetta che ha vinto è…

by Alessandra
L’mtchallenge è una sfida gastronomica
nata nel maggio del 2010, molto liberamente ispirata al The Daring
Challenge statunitense, ma pensata da subito come un gioco fra amici.
Non a caso, il numero zero vide la Dani e me incrociare le padelle
sull’uovo fritto e al numero uno parteciparono giusto quei 25 lettori a
cui davamo appuntamento ogni giorno su Menuturistico e che, con la loro
verve e la loro simpatia, rendevano la nostra avventura sul web
un’esperienza unica e speciale.
Da allora, sono passati quasi tre anni- e
molto è cambiato: il numero degli sfidanti è cresciuto, la fisionomia
della sfida è mutata e, da qualche mese, esiste questo piccolo spazio
esclusivamente dedicato alla gara, che ha come sola eredità del nostro
blog le iniziali del nome. Ciò che però non è mai cambiato e che ci
siamo sempre sforzate di mantenere intatto, nel corso del tempo, è la
natura dell’MTC- che come gioco  nasce e come gioco si sviluppa. 
Questo, è un punto su cui non abbiamo
mai voluto cedere di un millimetro, consapevoli com’eravamo che era
proprio questa la cifra che meglio contraddistingueva il gruppo degli
amici che via via partecipavano alla nostra gara:  un gruppo che è
costituito da persone diverse- per formazione, estrazione, carattere e
scelte di vita- che però hanno in comune non la passione per la cucina
tout court, ma il modo di viverla qui sul web. 
Che internet abbia offerto tante
possibilità di utilizzo dei propri mezzi quanti sono gli utenti, questa è
una realtà sotto gli occhi di tutti- e vale anche per il variegato
mondo dei food blogger. C’è chi concepisce il proprio blog come un mezzo
per potenziare una professionalità o una professione già acquisita, chi
come una vetrina per proporsi a potenziali partner commerciali, chi lo
vede come un semplice spazio di comunicazione o un archivio delle
proprie ricette -e mille e mille altri modi, a seconda delle esigenze e
delle attitudini di ciascuno. Per noi, invece, è un buen retiro- il
luogo del riposo, del rilassamento, delle due chiacchiere scambiate in
totale armonia, una volta che si son lasciate dietro le spalle le
incombenze e gli impegni del quotidiano. E’ l’otium degli antichi, per
dirla alla latina: uno spazio dove si è liberi di coltivare le proprie
passioni, di farlo nel modo che meglio ci aggrada e di farlo con le
persone che più ci piacciono.
L’MTC è il risultato di tutto questo: di
una passione collaudata negli anni, di una storia personale in cui gli
studi individuali si sono via via intrecciati con la consapevolezza che
il terreno più fertile per far germogliare qualunque sapere sia quello
del dialogo, del confronto, dello scambio. Questo è quello che succede
ogni mese, nella nostra sfida: uno scambio, un confronto e un dialogo
fra persone diverse, che hanno scelto di incontrarsi qui perchè qui
condividono quello che sanno, una conversazione inter pares, in cui non
ci sono protagonismi o divismi di sorta, a dispetto del fatto che, nella
community del nostro gioco, ci siano chef professionisti che
collaborano con colleghi stellati, cultori di scienze gastronomiche,
accademici della cucina italiana, autori di libri di cucina,
organizzatori di eventi gastronomici internazionali e decine di altri
titoli di pari importanza, che vengono però tutti abbandonati sulla
porta dell’MTC, per giocare tutti ad armi pari- vale a dire con la
curiosità, l’umiltà e- soprattutto- la leggerezza di chi sa che, per
quanto lo si faccia seriamente, è sempre ad un gioco che si sta
giocando. 
Questo spirito spiega anche il perchè si
sia scelto, sin dagli albori della gara, di reinterpretare la ricetta
proposta di mese in mese. Il format statunitense non lo prevede e- a
dirla tutta, neppure prevede la sfida. Lì non ci sono vincitori, ma solo
un turn over di blogger che, via via, propongono un piatto specifico,
che gli altri partecipanti devono replicare. Noi, no: noi, da subito,
abbiamo inserito la doppia opzione, con la Dani che faceva un uno al
tegamino tradizionale e io che lo reinterpretavo, presentando il tuorlo
fritto, l’olio d’oliva gelato e l’albume non me lo ricordo più. La
ragione è nelle premesse di cui sopra: se stiamo giocando, cioè, se non
siamo sotto esame, se non abbiamo clienti al tavolo nè ospiti a cena,
perchè non possiamo divertirci, sperimentando un po’? Se andrà bene,
avremo imparato qualcosa in più, da condividere con gli altri. E se
andrà male, pazienza: vorrà dire che per una volta ci adatteremo a
mangiare un piatto meno riuscito, senza che questo provochi conseguenze
catastrofiche di nessun tipo, con la soddisfazione di aver imparato
comunque qualcosa, anche dagli errori.
Va da sè che questa scelta abbia
coinvolto di necessità una riflessione sulla liceità di interpretare la
tradizione: ce la siam poste, a suo tempo, trovando la migliore risposta
nella nostra storia. A dispetto di quel che si crede, infatti, i
Genovesi non hanno mai utilizzato il mare, per pescare, ma solo per
commerciare e per esplorare. E’ grazie al mare che siamo diventati la
più grande potenza finanziaria del XVII secolo, è grazie al mare che
abbiamo scoperto l’America e, con essa, anche tutti quei prodotti che
oggi costituiscono una delle basi della tradizione gastronomica
dell’Italia intera. Fra questi, ci sono il pomodoro e le patate, che
furono importati dallo stesso Colombo, al ritorno dalla sua prima
spedizione. Ci vollero circa due secoli, perchè ci si decidesse a
consumare le patate e oltre tre perchè si guardasse al pomodoro come a
qualcosa di diverso dal frutto del peccato e a trasformarli poi in due
pilastri (soprattutto il secondo) della nostra gastronomia, oltre che
due ingredienti fondamentali di quel patate riso e cozze che Cristian ci
ha proposto per questa sfida-e che senza noi Genovesi, non sarebbe
stato la meraviglia di piatto che è.
Come
avrete visto, in questo mese abbiamo cambiato piattaforma e ci siamo
trasferiti su Overblog. siamo ancora un po’ in alto mare, perchè
l’invasione delle Taieddhre ha rallentato di parecchio la sistemazione
dell’archivio, ma nei prossimi giorni provvederemo a recuperare il tempo
perduto. A dire il vero, avevamo anche pensato ad una sorta di
“lancio”, che è cosa che proprio non si addice a due old fashioned come
noi: ma, proprio mentre meditavamo sul da farsi, è intervenuta una tanto
provvidenziale quanto accidentale  campagna pubblicitaria, grazie alla
quale siamo finiti al centro di una attenzione mediatica che neanche gli
spin doctors di Obama e la Casaleggio associati messi insieme. A titolo
di imperitura gratitudine, abbiamo raccolto una piccolissima parte di
queste esternazioni in un “dicono di noi” che per ora potete trovare qui
ma che sposteremo in home page appena avremo capito come si fa. E non è
escluso che in futuro non lo si completi. Per ora, rinnoviamo il nostro
grazie, gravido di stupefatta e sincera ammirazione: a noi, davvero,
non sarebbe mai venuto in mente, di dedicarsi con così tanta alacrità ad
un semplicissimo gioco di cucina. Chissà perchè, pensavamo che i
problemi urgenti fossero altri, legati, magari, non all’ordine in cui si
dispongono le cozze e il riso nella tiella ma a chi, sempre più spesso e
sempre più vicino a noi, oggi non ha nè cozze nè riso, nè altro cibo
con cui sfamarsi. Ma, si sa, la Dani ed io non ne facciamo mai una
giusta.
Un’ultimissima cosa, al volo:
congedandosi da questa sfida, Cristian, che è stato giudice
instancabile, paziente, attento e squisito, ci ha chiesto ome facciamo
tutti i mesi, da trenta sfide, a sobbarcarci tutto questo lavoro. In
effetti, è una domanda che ogni tanto ci facciamo anche noi e a cui,
stasera, siamo in grado di dare una risposta.
E cioè, che è vero.
L’emmetichallenge logora.
Chi non ce l’ha…
e ora, tutti da Cristian, per le motivazioni  e poi dal Cozzaro, per festeggiare!!!

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