Home A Hug in a Mug
by Lara
Che ciascuno di noi, singolarmente, abbia desiderato la fine di un anno particolarmente sfortunato, è un dato di fatto su cui non si discute. Ma che tutti insieme, universalmente, desideriamo che proprio quest'anno finisca, è un dato di fatto così incontrovertibile da essere l'unico argomento su cui ci si trova tutti d'accordo.

Che finisca e presto, questo 2020 traditore degli auspici, degli oroscopi, delle speranze che si ripongono da sempre fra le pagine bianche di un nuovo libro tutto da scrivere.

Ancora qualche giorno ci separa da questo addio, in un conto alla rovescia che vorremmo fare tutti assieme, brindando ogni giorno all'accorciarsi del "quanto manca?": cocktail alcolici ed analcolici, creativi o rivisitati, accompagnati tutti da un piccolo finger food, nella speranza che possano servirvi come ispirazione per riempire i pochi bicchieri della sera di San Silvestro o, semplicemente, per farvi compagnia fino al primo giorno del 2021.

Giusto stamattina, stavo pensando che il prossimo sarà il primo dei miei 54 Natali a non essere associato ai tradizionali propositi di bontà. 

Per carità, lo si sapeva nel momento in cui venivano formulati, che questi auguri sarebbero durati a dir tanto fino a Capodanno: ma non credere, almeno per un po’, che a Natale saremmo diventati più buoni significa rinunciare in partenza alla speranza che, in fondo in fondo, questa festa regali anche ai cuori più inariditi il calore di un gesto gentile o di uno sguardo amorevole.

Diciamocelo chiaro: nessuno di noi, appena un anno fa, avrebbe potuto immaginare quali scenari ci attendevano, giusto dietro l’angolo. E nessuno di noi avrebbe immaginato che, al termine dell’anno più cupo delle generazioni che l’anagrafe ha preservato dalle Guerre, ci saremmo ritrovati vittime, oltre che del virus, anche di un senso di precarietà che ha pervaso tutto e tutti, lasciandoci in eredità la paura del domani e la sfiducia nel prossimo.

La retorica del “ne usciremo migliori” ha lasciato il passo alla desolante realtà dell’ansia da contagio che ha preso le forme della paura dell’altro e di una chiusura che ha superato i confini geografici e logistici per invadere anche lo spazio dei rapporti sociali e delle relazioni.

Tuttavia, rinunciare al Natale segnerebbe un atto di resa troppo triste: anche se lo celebreremo contandoci, al chiuso delle nostre case, con pochi regali e con tante preoccupazioni, immolare anche questa festa sull’altare del virus è qualcosa a cui ci ribelliamo, con la testa e con il cuore.

Da qui, allora, l’idea di un calendario dell’Avvento un po’ diverso, fatto non di dolcetti ma di bevande  corroboranti di tutte le tradizioni natalizie del mondo: al di là della ricetta, al di là della sorpresa, il nostro augurio è che ciascuna di queste tazze possa trasformarsi in un abbraccio stretto, caldo, rassicurante

A Hug in a Mug, insomma, da domani fino al 25 dicembre, per ritrovare nella bellezza di un buongiorno la forza di dirci che ci vogliamo bene.

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