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Tips & Tricks: anche gli Angeli mangiano fagioli

by MTChallenge

Come abbiamo più volte ribadito,  il vero chili con carne non prevede la presenza di  legumi: meglio ancora, non prevede la presenza di fagioli, visto che son proprio questi quelli che vengono in mente, quando si pensa alla cucina dei cow boy (sul titolo del post, poi,  è pure concessa una lacrima di nostalgica commozione, specie se,come la sottoscritta, siete cresciuti a Bud Spencer & Terence Hill e continuate a pensare che quest’ultimo in barba lunga e cappello di cuoio continui ad avere un suo perchè)

Nello stesso tempo e proprio per le stesse ragioni, un contorno a base di legumi potrebbe essere coerente con il tema della sfida: da qui, la scelta di soffermarci per una “micro-spiega” sulla cottura di questi ingredienti, considerato che le modalità variano, a seconda che si utilizzino prodotti freschi o prodotti secchi. Per cui, prendete carta e penna che cominciamo!

Riso e fagioli , fan crescere i figlioli (proverbio popolare). Che i fagioli siano stati la spina dorsale dell’alimentazione dei poveri, nel corso della storia, è cosa nota. Quello che magari non si sa è che, di tutte le varietà che esistono di questo legume, l’unica coltivata sin dall’antichità era quella dei cosiddetti “fagioli dall’occhio”, consumati anche dai Greci e dai Romani. Le varietà successive arrivarono dall’America nel XVI secolo e vennero seminate per la prima volta nel Veneto, intorno al 1528. Da lì in poi si diffusero rapidamente in tutta la Penisola, tanto che si può dire che non ci sia regione d’Italia che non abbia un piatto tipico a base di questo legume.

Premessa importante: non esiste una gerarchia di valori fra fagioli freschi e fagioli secchi, almeno dal punto di vista gastronomico. In molte preparazioni, si possono usare indifferentemente gli uni e gli altri;  e anche se alcune prevedono espresamente l’utilizzo di fagioli freschi (quasi tutte le ricette toscane, per esempio, contraddistinte dal apore erbaceo e meno concentrato del prodotto fresco), ve ne sonno altrettante che raccomandano l’uso di quello secco, come per esempio le zuppe dell’Italia del Nord. Quindi, non faccimone una questione insormontabile: si usa quello che si ha a disposizione, a maggior ragione se si considera che i fagioli si consumano volentieri anche d’inverno, quando non è stagione di raccolta. L’importante è evitare le scatolette o i prodotti sottovetro: un conto è tenerli in dispensa, all’emergenza. Un altro è farne un uso abituale. E basta assaggiare un prodotto non indutriale per rendersi subito conto della differenza. 

In questa tomba tenebrosa e scura/ Giace un villandi sì difforme aspetto/Che più d’orso che d’uomo avea figura/Ma di tant’altro nobile intelletto/ Che stupir fece il mondo e la natura/ Mentr’egli visse fu Bertoldo detto/ Fu grato al Re; morì con aspri duoli/ Per non poter mangiar rape e fagiuoli
Questo è l’epitaffio di Bertoldo, il villano più famoso della letteratura italiana, protagonista di quel “Le Sottilissime Astuzie di Bertoldo” con cui Giulio Cesare Croce, nel 1606, ribaltò i canoni all’epoca dominanti, che volevano che l’intelligenza fosse appannaggio esclusivo degli uomini colti, creando il personaggio di questo rozzo contadino, capace con la sua furbizia di tener testa – e in molti casi infinocchiare- chiunque. Il suo epitaffio sintetizza, oltre che la sua vita, anche la sua morte,dovuta ad un errore nelle cure dei medici: costoro, infatti, pensarono di curare Bertoldo somministrandogli “cibo da signori” a cui lui non era abituato. E a nulla valsero le suppliche dell’infermo, “che gli portassero una pentola di fagiuoli con la cipolla dentro“, come avrebbe richiesto la sua natura, condannando così il poveretto alla morte. D’altro canto, la concezione allora più diffusa dell’alimentazione consisteva proprio nella convinzione che ciascuno, per stare bene, dovesse nutrirsi come il suo stato sociale esige: quindi, dietro alla comicità del racconto di Croce, troviamo una ben precisa ideologia, particolarmente forte nella cultura europea del Tardo Medioevo e della prima età moderna 
Se usate un prodotto fresco, tenete conto che la stagione della raccolta è, di solito l’estate, preferibilmente nel mese di luglio. 
1. Sgranare i fagioli significa toglierli dal loro baccello, con un’operazione semplicissima. Basta tenere in una mano l’estremità del baccello , chiudere il pollie e l’indice dell’altra mano contro le due costole di quest’ultimo e farli scorrere fino all’altra estremità del baccello, con una leggera pressione. Le costole cederanno e uno dei lati si aprirà, permettendo quindi di estrarre i grani con il semplice scorrimento del pollice. E’ più facile a farsi che a dirsi e non è un caso che, si solito, queste siano operazioni riservate ai bambini, quando aiutano le mamme o le nonne in cucina. 
2. E’ importante che la sgranatura dei fagioli avvenga immediatamente prima della loro cottura: se lasciate all’aria, infatti, le bucce si induriranno.

Se usate invece fagioli secchi, dovete tenerli in ammollo per circa 12 ore: è preferibile che all’inizio l’acqua sia tiepida, per permettere alle bucce di ammorbidirsi più rapidamente. C’è chi aggiunge anche una puntina di bicarbonato di sodio, per lo stesso motivo. Niente in contrario, se non il rischio del retrogusto che, personalmente, preferisco non correre.

La quantità d’acqua deve essere di almeno 5 volte il loro volume. Una volta ammollati, scolate i fagioli e sciacquateli rapidamente sotto il rubinetto. Dopodichè, procedete subito alla cottura, come per i fagioli freschi

Forse non tutti sanno che 🙂 le feste che si organizzano in Gran Bretagna ogni qualvolta un lavoratore va in pensione si chiamano ” Bean- feasts”, “feste dei fagioli”. E’ probabile che esse derivino dall’antico cibo funerario dei celti, detto “beano”, da cui bean, appunto, fagiolo. Per quanto strano possa sembrare, il collegamento con l’al di là è legato ad una concenzione antichissima, che ci rimanda al mondo dei Pitagorici e al divieto di mangiar fave. Le ragioni con cui la cerchia dei filosofi attorno a Pitagora motivava questo rifiuto erano dovute al fatto che le fave contenessero la materia animata che componeva anche l’anima. E siccome uno dei termini per definire l’anima, in greco, oltre che psyché, è anche anemos, che significa “vento”, ecco che la “materia animata” a cui facevano riferimento questi pensatori era proprio l’aria nella pancia che i legumi rilasciavano. all’epoca, infatti, si riteneva che le anime lasciassero i corpi sotto forma di gas o di vento che, filtrando attraverso il terreno, davano origine alle fave. Quando questi legumi venivano mangiati e digeriti, i venti dell’anima in esso contenuti venivano di nuovo liberati e riprendeva quindi il processo di cui sopra. E’ probabile che con i fagioli sia avvenuto lo stesso: altrimenti non si spiegherebbe la loro presenza in molti riti funebri, come quello appena ricordato, di matrice celtica. Pratiche simili esistono anche nei Pesi buddhisti: per esempio in Giappone, durante la festa d’inverno di Setsuban, c’è ancora l’usanza di spargere fagioli intorno alle case, per allontanare gli spiriti maligni: ‘Oniwasoto, Fukuwa- uchi!”, “Fuori ii diavolo- entri la buona sorte!”, grida il capofamiglia, lanciando per aria manciate di fagioli

Che siano freschi o secchi, i fagioli devono cuocere in abbondante acqua: è anche importante che,una volta raggiunto il bollore, la cottura prosegua a fiamma bassa e a recipiente coperto: il liquido che copre i fagioli, cioè, deve “fremere”, ancor meno che sobbollire, e deve farlo per parecchio tempo. 

– per i fagioli freschi, calcolate da un minimo di 40 minuti, per i borlotti, a un massimo di un’ora e mezza, per i fagioli di Spagna, eccezion fatta per alcune preparazioni particolari, che prevedono cotture ancora più lente (esempio classico, i fagioli al fiasco)
– per i fagioli secchi, si va tendenzialmente dalle 2 alle 3 ore. 
In tutti i casi, considerata la lenta cottura, nel dubbio prolungatela ancora: il fagiolo crudo, infatti, è immangiabile. Vale sempre la vecchia regola dell’assaggio: quando son teneri, son pronti
Per quanto riguarda il liquido di cottura, l’acqua è quello che si preferisce e questo perchè non contiene sale: il sale, infatti, può indurire la buccia dei fagioli. E’ per questo motivo che si preferirebbe anche un’acqua poco calcarea. Si salano solo a fine cottura
Il recipiente più indicato è il coccio, da non mettere direttamente sul fuoco, ma su uno spargifiamma. 
Infine, un’ultima annotazione di purissima cultura. L’autore di questo quadro qui

non è il Teomondo Scrofalo di driviniana memoria, ma tal 😉 Annibale Carracci: si intitola proprio Il Mangiafagioli ed appartiene a quel filone della pittura di genere, che, all’inizio del Seicento, volle aprire anche ai soggetti fino a quel momento ritenuti indegni. Di nuovo, torna il tema del fagiolo come cibo dei poveri, e quindi come simbolo di semplicità e di continenza.
Ale Gennaro (Menuturistico)
Riferimenti bibliografici
Guaranschelli Gotti, Grande Enciclopedia della Gastronomia, Mondadori, 2007
Lee Allen, Stewart, Nel Giardino del Diavolo, Feltrinelli, 2005
Montanari, Massimo, L’europa a Tavola, Storia dell’Alimentazione dal Medioevo a oggi, Laterza, 1997

9 comments

Andrea 15 Aprile 2013 - 15:46

Anch'io avevo pensato a questo titolo per il mio futuro post, evidentemente è piuttosto banale. Comunque sto ancora in fase di meditazione… (e alla ricerca del peperone giusto), vedremo!
Come sempre, le informazioni che date sono veramente molto interessanti, non soltanto dal punto di vista culinario 🙂

grEAT 11 Aprile 2013 - 16:52

cara ale,come avrai forse, dico forse notato, sono un poco latitante questo periodo, perchè chi fa un lavoro come il mio questo periodo è oberato. ti pare giusto che arrivi a casa stravolta e devo pure mettermi a "studiare" i tuoi post? abbi pietà!!!!!!!!!!!

Alessandra Gennaro 11 Aprile 2013 - 18:54

🙂 🙂
mi sento come la cattiva nei film del cow boy 🙂
chiamate lo sceriffo!!!!

Anonymous 11 Aprile 2013 - 7:42

stra-complimenti!
Cristina P.

Alessandra Gennaro 11 Aprile 2013 - 7:45

ti mando e mail. Ma ti anticipo già che è un sì- e pure mega!!!
ale

Eleonora 11 Aprile 2013 - 7:30

bellissimo post, e mi dispiace da morire però, perchè avevo già pronto il titolo del post, che è poi lo stesso che hai usato qui! 😛
Va beh, riaccendo le celluline grigie e penso a un'altro contorno! 🙂

Alessandra Gennaro 11 Aprile 2013 - 7:47

nooooooooooooooooooo… e mi dispiace… ma il contorno lascialo, perchè se abbiamo parlato di fagioli, è proprio perchè "ci stanno"… sta a voi trovare il modo più gustoso per accompagnarli al chili… ma fra i vari contorni possibili, questo ha molta pertinenza.

Eleonora 15 Aprile 2013 - 11:32

oltretutto c'è una sfida nella sfida, perchè la mia dolce metà non mangia verdure… o.O

Elisa 11 Aprile 2013 - 7:01

Un signor post, cara Ale! I love you! 😀

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