Home robe dell'altro mondo La pasticceria giapponese a confronto con l’Occidente

La pasticceria giapponese a confronto con l’Occidente

by Acquaviva
freddo del mattino pasticceria giapponese

wagashi invernale: “il freddo del mattino”

Chi avrebbe mai pensato di sentire il Console Generale Giapponese sig. Tominaga Makoto (*) chiacchierare amenamente di cucina, usando con molta appropriatezza termini in italiano come “albume” o “sobbollire”? E’ successo qualche giorno fa a Milano, quando la chef pasticcera sig.ra Fujita Satomi ha tenuto un seminario sul confronto tra la pasticceria tradizionale giapponese e quella occidentale. Ed il sig. Console, onorato della sua presenza e golosamente interessato all’argomento, si è addirittura prestato a fare da interprete, studiandosi prima con impegno le traduzioni dei termini che, per chi non cucina come lui, risultano meno familiari.

il Console Tominaga con la maestra Fujita

il Console Tominaga con la maestra Fujita

Occorre premettere che la maestra Fujita è forse la persona giapponese più indicata in assoluto per ragionare sul confronto tra le due culture: volata giovanissima a Parigi perché folgorata dalla pasticceria francese, lì ne ha imparato tutti i più nascosti segreti. Ed ecco che, in occasione di un evento culturale giapponese in Francia, viene viceversa folgorata dalla pasticceria tradizionale nipponica! Rientra subito in patria e viene assunta in una delle più antiche pasticcerie di Kyoto, Kameya Yoshinaga, il cui attuale titolare sig. Yoshimura Yoshikazu l’ha accompagnata in questo racconto, nonostante lei, dopo 4 anni di collaborazione, abbia aperto poi, 4 anni fa una pasticceria tutta sua, Kashiya.

i due pasticceri

i due pasticceri all’opera

Se per una breve storia della pasticceria giapponese nei secoli rimando a questo articolo, è invece importante capire bene quali siano le sue caratteristiche di base, molto differenti rispetto a quelle occidentali: prima di tutto i dolci tradizionali sono a base di acqua, zucchero, riso glutinoso e fagioli azuki e non contemplano invece latte, burro, panna, uova e farina di frumento e lievito. Inoltre non necessitano di forno ne’ di lunghe cotture e raramente utilizzano stampi, se non per alcune tipologie tipiche, perché per la maggior parte vengono formati a mano, con l’orgoglio di ogni pasticcere nel caratterizzare con il proprio stile le impercettibili differenze dei dettagli.

wagashi autunnale: crisantemo pasticceria giapponese

wagashi autunnale: crisantemo (i petali sono formati a mano uno per uno con delle forbicine)

Gli aromi sono pochissimi (scordiamoci, vaniglia, cacao, cannella, estratti di fiori o frutta o liquori, insomma!), mentre assumono grande importanza i colori e le forme. Infine non esistono torte o trionfi, nonostante anche la pasticceria giapponese sia inizialmente nata per deliziare i palati di imperatore e nobili che se li potevano permettere solo piccoli dolcetti, i wagashi, ciascuno maniacalmente perfetto in ogni minimo particolare.

Tutta la cucina tradizionale giapponese è molto in sintonia con la stagione, un po’ come in Occidente, ma mentre nella nostra pasticceria troviamo usualmente dolci di castagne in autunno e di fragole in primavera, in Giappone gli ingredienti restano gli stessi: sono forme, colori e decori a mutare, prendendo non gli aromi ma le sembianze simboliche di quegli stessi fiori, foglie, frutti ed elementi naturali che caratterizzano in generale la decorazione giapponese quasi mese per mese, come ad esempio nei tessuti da kimono.

wagashi di inizio primavera: pasticceria giapponese

wagashi di inizio primavera: i primi fiori e l’acqua della neve che si scioglie

Dopo la Seconda Guerra Mondiale l’influenza dei costumi occidentali ha pervaso il Giappone, favorendo lo sviluppo di una pasticceria yoshoku (cioè di contaminazione) che cercava di ricreare i dolci stranieri con ingredienti locali e li riempiva di aromi occidentali. Nascono così miti ibridi come la Japanese Cotton Cheesecake o i classici takoyaki, di tadizione gusci di wafer a forma di pescetto farciti con marmellata di fagioli, adesso proposti anche con crema alle nocciole o crema pasticcera. Passata l’ubriacatura e stabilizzato il gusto popolare, ora, in una sorta di risveglio dall’incantesimo, è la volta della grande pasticceria giapponese di cui la maestra Fujita è altissima rappresentante, che si sta inoltrando in un recupero rispettosissimo anche della propria tradizione, attraverso una consapevolezza culturale molto più profonda rispetto agli anni passati.

preparazione dei warabimochi con cacao

preparazione dei warabimochi con cacao

Ristabilite con chiarezza le identità di ciascuna tradizione, nella sua personale visione della pasticceria giapponese contemporanea la maestra Fujima fonde le due millenarie scuole di pensiero con soavità e sapienza, inserendo qualche ingrediente occidentale in tecniche e consistenze nipponiche, per poi presentare le sue piccole, delicatissime creazioni con impiattamenti per niente giapponesi, che ricordano in realtà le proposte salate degli chef occidentali.

Ha realizzato, ad esempio, sotto gli sguardi rapiti del Console che ne spiegava i gesti e del pubblico presente che sgranava gli occhi, un kurozato-warabimochi, ovvero un morbido bocconcino di riso glutinoso aromatizzato con zucchero nero giapponese kurozato, tipico di Okinawa, e povere di felce warabi, ma anche con cacao dell’Amazzonia, e come farcitura, al posto della classica marmellata di fagioli dolci, un cuore di coccolato.

warabimochi, l'interno

warabimochi, l’interno

La degustazione di questa delizia lì al momento è avvenuta così, alla buona, con stoviglie di plastica, ma la sua presentazione normale in pasticceria contempla anche spume, terre, arie, cialde, salse, frutti e fiori, che cambiano di colore e simbologia boschiva a citare la stagione.

warabimochi come è servito in pasticceria

warabimochi come è servito in pasticceria

Un altro pasticcino preparato in diretta, a dimostrare le leggiadria del suo stile, è stato il merenge-iri-mochi, una rielaborazione del classico dolcetto giapponese di riso glutinoso in cui vengono aggiunte meringa italiana e purea di frutta per donargli una consistenza aerea ed un sapore-colore-profumo che non gli sono soliti. E, anche in questo caso, la versione “da cucina” e la presentazione “da sala”.

merenge irimochi al naturale e con purea di mitilli

merenge irimochi al naturale e con purea di mirtilli

merenghe irimochi servito in pasticceria

merenghe irimochi servito in pasticceria

Le due pasticcerie presenti all’incontro, a dimostrazione di come oggi in Giappone convivano serenamente le due anime dell’arte dolciaria, offrono anche un dolcetto confezionato, parte di una linea firmata dalla Maestra e comune ad entrambi i negozi, che la affiancano ai dolci freschi che ogni maestro pasticcere nel proprio negozio declina secondo il proprio stile personale, Yoshimura tradizionale e Fujita contemporanea. In questo caso il dolcetto taneawase, che cambia nel decoro a seconda della stagione ma ha sempre un unico gusto, rappresenta per il primo una concessione alla modernità, per la seconda un recupero della tecnica antica: sfilato dalla delicata carta di riso washi che lo protegge, infatti, questo wagashi si rivela composto da una coppia di candide e croccanti cialde di riso senbei… farcite di crema gianduia!

tanaewase 1

tanaewase 2

Il decoro, in questo caso, rappresenta la sagoma stilizzata di un crisantemo autunnale, che fa sorgere spontanea nel pubblico la domanda se le nocciole del ripieno siano un riferimento di stagione. La Maestra parla con il leggero imbarazzo, come sempre accade ai Giapponesi quando devono implicare una negazione nel rispondere ad una domanda cortese. A differenza della cucina, spiega, che è sempre stata una necessità di tutti, nella pasticceria giapponese, che nacque solo per soddisfare un piacere e non un bisogno, il legame con la natura era svolto prevalentemente dalla decorazione e a rendere preziosi i wagashi erano sostanzialmente la presenza del costosissimo zucchero, perfettamente armonizzata dai veri maestri con pochi altri ingredienti, e tutta l’arte da loro infusa nel rendere ogni dolcetto meraviglioso all’occhio ed in sintonia assoluto con tutto ciò che in quel giorno, in quell’occasione e in quella stagione, circondava l’ospite a cui veniva offerto.

Ma, conclude la maestra Fujita con l’umiltà tipica del suo popolo, con la sue esperienza in Occidente lei ha imparato che esiste una stagionalità anche nei dolci e ne farà certamente tesoro…

la pasticceria Komeya

la pasticceria Kashiya a Kyoto

di Acquaviva

(*per tutto l’articolo i cognomi delle persone citate precedono i nomi e seguono l’onorifico, come nell’educato uso giapponese!)

le foto del wagashi di apertura e di quello di inizio primavera sono prese da blog e sito di Kameya Yoshinaga
le foto del wagashi a crisantemo, del warabimochi impiattato e della pasticceria Kashiya sono state gentilmente fornite dal Consolato Generale del Giappone
le foto dei merenghe irimochi impiattati viene dalla pagina facebook di Kashiya.

6 comments

Mapi 23 Ottobre 2018 - 14:12

Adoro la levità e leggerezza con cui illustri una pasticceria che è lontana anni luce dal concetto occidentale.
Articolo stupendo, scritto meravigliosamente.
Grazie!

Giulietta 23 Ottobre 2018 - 13:55

Bellissimo e particolareggiato articolo davvero interessante per capire gli elementi che i giapponesi hanno accettato di accogliere nella loro pasticceria.
È davvero interessante percepire la sofisticata soavità della loro tecnica. Grazie. Solo tu sei in grado di trasmettere via web la cultura orientale con tanta passione e precisione.

Sonia 23 Ottobre 2018 - 12:03

Un altro pianeta…bel post, ma davvero distante anni luce dal concetto occidentale di dessert..immagino lo sforzo anche nel raccontarlo e farlo sembrare così naturale. Grazie davvero, è come aver fatto un bel sogno da svegli.

Saparunda 23 Ottobre 2018 - 11:36

A bocca aperta, veramente. Devo riprendermi prima di fare un commento degno di tale nome…

edvige 23 Ottobre 2018 - 10:50

Solo tu potevi fare un articolo cosi perfetto e informativo senza tentennamentei che del Giappone4 conosci tutto o quasi. Molto interessante anche la pagina della storia della pasticceria nipponica. Purtroppo i dolci è un settore da me poco amato da sempre. Mangiavo qualche dolcetto, fetta di tora di quella che preparavo a figlia ma poi non riuscendo granchè a furor di figlia….acquistavo in pasticerria da 50 sempre la stessa ora ne ha 52. E’ oggi una fortuna perchè non potendoli in assoluto mangiare non è che mi crei problemi. Dico sempre…nessun mal vien per nuocere… Un abbraccio e buona giornata.

Dani 23 Ottobre 2018 - 10:50

Grazie grazie grazie grazie per avermi accompagnata per mano nella scoperta di questo mondo meraviglioso di cui non conoscevo nulla. Splendido articolo <3

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