Home c'era una volta MTC n. 42: C’ERA UNA VOLTA LA LASAGNA….

MTC n. 42: C’ERA UNA VOLTA LA LASAGNA….

by MTChallenge

di Giulia Robert- Alterkitchen
La storia delle lasagne affonda le sue radici in un lontano passato, più precisamente nell’antichità greco-romana. Anzitutto per il suo nome, che alcuni fanno derivare dal greco lasanon (in latino lasanum), termine che indicava il tripode da cucina, cioè la struttura che permetteva di reggere le pentole sopra il fuoco e che, per estensione, andrebbe ad identificare il contenitore per la cottura dei cibi. In realtà mi sembra assai più credibile la derivazione dal greco laganon, che identificava una focaccia larga e sottile, diventata poi in latino laganum (sinonimo di tractum), andando ad indicare una sfoglia sottile ricavata da un impasto di acqua e farina che veniva cotta al forno oppure sul fuoco.

La prima ricetta giunta fino a noi in cui si utilizzano queste sfoglie è testimoniata da Marco Gavio Apicio che, nel suo De re coquinaria (30 d.C. circa), ci fornisce indicazioni dettagliate sul procedimento da utilizzare per realizzare la Patinam Apicianam, per definizione un pasticcio, ma in realtà molto somigliante  nella forma alle nostre moderne lasagne, poichè costituito dall’alternanza di strati di sfoglia e strati di ripieno. Molto diversa è invece la farcitura, realizzata con ingredienti che potremmo eufemisticamente definire “inusuali”: tetta di scrofa, polpa di pesce e di pollo, beccafichi e tordi (ma, aggiunge l’autore, qualsiasi altro ingrediente delicato si abbia a disposizione) tutto cotto e tagliato in piccoli pezzi (tranne i beccafichi). A parte indica di sbattere le uova con l’olio, unire pepe macinato e un trito di ligustico (erba chiamata anche “sedano di monte”), stemperare con garum e vino passito, aggiungere l’amido e portare a cottura, aggiungendo infine le carni sminuzzate, grani di pepe e pinoli. La ricetta prevede poi di alternare in una pentola strati di sfoglia (laganum) a mestolate di sugo, avendo cura di terminare con una sfoglia, che andrà cosparsa di pepe, per poi cuocere il tutto in forno.

Mentre in epoca romana, quindi, la lagana cuoceva in forno insieme al suo condimento (che fungeva da liquido di cottura), nel Medioevo si assiste ad un cambiamento fondamentale nel metodo di cottura, poichè da questo momento in poi la pasta viene cotta per bollitura in un liquido, che sia acqua, brodo o, più raramente, latte. Questo vale per le lasagne, ma anche per le altre tipologie di pasta, fresche o secche, che da questo momento in poi cominciano a comparire molto più spesso sulle tavole italiane, grazie anche all’invenzione della pasta secca, che ne permetteva il trasporto e la commercializzazione a più ampio raggio. Così, mentre alcune regioni, soprattutto nel Sud Italia (Puglia e Sicilia, ma anche Liguria) si specializzano nella produzione della pasta secca e nel loro commercio, l’Italia centro-settentrionale rimane maggiormente legata ad una produzione casalinga della pasta, soprattutto fresca, che ancora oggi contraddistingue ed è vanto di regioni quali Emilia Romagna, Toscana, Lombardia e Piemonte.
Parallelamente a questa maggiore diffusione della pasta sul territorio italiano, le evidenze documentarie si moltiplicano, e così diventa più semplice inseguire la storia del successo delle lasagne, un piatto che diventa sempre più simile a quello odierno. Ne sono esempi la ricetta per affare lesagne dell’Anonimo Meridionale e, ancor più, la minuta descrizione contenuta nel Liber de coquina, ricettario napoletano del 1300: l’autore, infatti, scrive nella sua ricetta di stendere la pasta (che, in questo caso, è fermentata, ma non sappiamo se fosse la norma o l’eccezione), dividerla in quadrati, bollirla in acqua e condirla, a strati alterni, con formaggio grattugiato e spezie in polvere a piacere. Aggiunge anche un consiglio particolare, quello di mangiare le lasagne con un attrezzo di legno appuntito, un probabile antesignano della forchetta, che si affermò probabilmente assai precocemente in Italia proprio per l’introduzione nella dieta italiana della pasta, alimento assai difficile e pericoloso da mangiare con le mani. Nella ricetta del Liber de coquina, inoltre, si può notare l’abbinamento della pasta con il formaggio, un accostamento considerato d’obbligo fino a tutto il XVIII secolo ed oltre; nello stesso ricettario, infatti, ci viene ricordato “È da sapere che sia nelle lasagne, sia nei corzetti bisogna porre una gran quantità di formaggio grattugiato”.

Le lasagne, nel Medioevo, sono anche ricordate negli scritti letterari di alcuni illustri autori, come Jacopone da Todi, che afferma “Chi guarda a maggioranza spesse volte si inganna. Granel di pepe vince per virtù la lasagna“; ma anche Cecco Angiolieri la cita “chi de l’altrui farina fa lasagne, il su’ castello non ha ne muro ne fosso”.

La pasta, che pure viene considerata un lusso fino al XV-XVI secolo, quando in periodo di carestia l’utilizzo della farina veniva riservato esclusivamente alla produzione del pane, beneficia enormemente di un’epoca come il Rinascimento, ricca di stimoli, fantasia e sperimentazioni. Gli eruditi ricominciarono a studiare gli antichi libri di cucina, il rifiorire del commercio, soprattutto con gli Arabi, aveva introdotto nuovi ingredienti; e, sotto l’influsso di queste positive influenze, anche le lasagne si arricchiscono di nuove farce, e al classico condimento di formaggio si affiancano sughi a base di carne, pesce e crostacei.
Dobbiamo però attendere il XVII secolo per incontrare una novità: ne La lucerna de Corteggiani, pubblicata a Napoli nel 1634 ad opera di Giovan Battista Crisci, troviamo le lasagne di monache stufate, mozzarella e cacio, in cui per la prima volta si fa utilizzo nella farcitura delle lasagne di un formaggio a pasta filata; si ipotizza che sul finire del XVII secolo le lasagne comincino a diventare il piatto ricco che conosciamo tuttora, un aspetto che ben rifletterebbe l’opulenza dell’epoca barocca, anche in cucina.

Due secoli dopo avviene un’ulteriore evoluzione: è il 1881 quando a Napoli viene pubblicato Il Principe dei Cuochi, dove per la prima volta in una ricetta di lasagna viene implicitamente suggerito l’uso del pomodoro, alimento giunto in Europa secoli addietro dal Nuovo Mondo, subito accolto positivamente perché ben si inseriva nella tradizione medievale e rinascimentale delle salse di accompagnamento, ma che si afferma stabilmente nella cucina italiana solo fra XVIII e XIX secolo.
In epoca contemporanea, poi, possiamo identificare una sorta di trasformazione delle lasagne da piatto nazionale a piatto regionale: esse infatti non compaiono ne La scienza in cucina di Pellegrino Artusi, il più importante ricettario della cucina italiana, pubblicato per la prima volta nel 1891; invece, appena qualche decennio prima, nel 1863, l’editore Francesco Zambrini riporta in auge la ricetta delle lasagne condite con solo formaggio inserendola ne Il libro della cucina del sec. XIV. Questo piatto ha un impatto enorme sulla fantasia culinaria dei bolognesi, che da allora cominciano a presentarlo sempre più spesso nella ristorazione e sulle loro tavole, fino a quando, nel 1935, le lasagne vengono definitivamente consacrate da Paolo Monelli nel suo Il ghiottone errante; bisogna però attendere il 2003 perché la ricetta delle lasagne verdi alla bolognese venga depositata presso la camera di commercio di Bologna.
Le lasagne, dunque, arrivano da molto lontano, e hanno dovuto percorrere molta strada per passare dalla Patina Apiciana alle lasagne verdi alla bolognese, ma una caratteristica non è mai mutata, il suo essere un piatto importante, sontuoso anche quando condito di solo formaggio e spezie. Per questo, dal XIII secolo fino ad oggi, è rimasto invariato il suo valore di cibo delle feste o, più in generale, delle occasioni importanti: ne sono testimonianza l’orvietano Simone Prudenzani, che nel Tardo Medioevo ci parla di lasagnie di Natale, o Girolamo Cirelli che, nel 1694, parlando della tavola dei contadini,  sostiene che essi “pretendono di fare un gran sfoggio, quando invitano un amico a mangiare, il darli lasagne o macheroni”.
Le lasagne, a differenza di altri piatti della nostra tradizione, non si legano a filo doppio con l’una o l’altra festività, ma, essendo un piatto che richiede tempo e cura per essere preparato, avendo l’innata capacità di mettere d’accordo tutti, e profumando di domenica, di convivialità, di famiglia, si possono considerare in tutto e per tutto un piatto delle feste, ed in questo tutto il tempo trascorso e i suoi numerosi cambiamenti non ne hanno per nulla mutato lo spirito.

Fonti:
A. Capatti, M. Montanari, “La cucina italiana. Storia di una cultura”, Roma-Bari, 1999
M. Montanari, “Gusti del Medioevo”, Roma-Bari 2012

R. Largco, “Le lasagne attraverso i secoli”, in “Civiltà della Tavola, Accademia Italiana della Cucina”, n. 259, aprile 2014

15 comments

MTChallenge 21 Ottobre 2014 - 15:51

Non so come mi sia sfuggito nei giorni scorsi, veramente molto interessante e molto accurato. Grazie Giulia!

MTChallenge 28 Ottobre 2014 - 18:39

Grazie a te, Mari, per essere venuta a riscoprirlo 🙂

CorradoT 18 Ottobre 2014 - 7:27

Complimenti, me lo sono proprio goduto. L'ho anche riletto.
BRAVA

MTChallenge 18 Ottobre 2014 - 19:56

Grazie mille, Corrado! Sono molto lusingata dal fatto che tu l'abbia addirittura riletto! 🙂

MTChallenge 17 Ottobre 2014 - 15:42

Ho voluto attendere di avere il tempo e la calma per godermi in santa pace questo capolavoro di articolo, e ne è valsa davvero la pena!
Grazie Giulia per questo articolo, la cui stesura ti è certamente costata molto tempo!

MTChallenge 18 Ottobre 2014 - 19:55

Non sai quanto mi renda felice il fatto che in tanti abbiate letto l'articolo e che non solo non l'abbiate trovato ammorbante, ma che vi sia anche piaciuto!
Sì, la stesura è stata impegnativa, però non mi è costata fatica.. è l'ambito della ricerca che preferisco, quindi è stato un piacevolissimo tuffo nel passato studentesco, che sia mai che ritorni in auge 😉

MTChallenge 18 Ottobre 2014 - 19:57

PS. Anzi, il rammarico è che avrei voluto leggere ancora più fonti 😛

Gaia 17 Ottobre 2014 - 10:58

DAvvero, grazie.
Il testo di Apicio si trova facilmente?!?

MTChallenge 17 Ottobre 2014 - 15:02

Grazie a te, Gaia, per il commento e per avermi segnalato quel refuso sfuggito alla tastiera (sbattere le uova con l'uovo.. certo, come no! :P)
Ti ho inviato il testo intero via mail, spero ti possa interessare..

MTChallenge 17 Ottobre 2014 - 8:55

Bellissimo articolo Giulia! grazie davvero, non si finisce mai d'imparare e questo si sa.. ma che ci fosse una storia così articolata dietro alla lasagna non avrei mai detto!! è stato interessantissimo!

MTChallenge 17 Ottobre 2014 - 15:00

Sono molto contenta che l'articolo ti sia piaciuto.. mi sono anche un po' contenuta, perché da dire ce ne sarebbe taaaaanto di più, ma non potevo mica scriverci un saggio 😉
Però l'argomento era davvero molto interessante, quindi non escludo di tornarci, prima o poi 🙂

MTChallenge 17 Ottobre 2014 - 8:29

"Tetta di scrofa, polpa di pesce e di pollo, beccafichi e tordi"
Certo e pure qualche altro ingrediente delicato..chessò un cuore di bue direttamente dalla dispensa 😀

Amo vedere come nel tempo cambiano i gusti e la tolleranza a certi sapori. La storia della cucina mi interessa davvero molto e questo articolo è eccezionale Giulia!!!
Me lo passi il testo di Apicio?? Mi hai messo tanta curiosità! 🙂

MTChallenge 17 Ottobre 2014 - 14:57

Ah, guarda, non oso immaginare cosa potesse intendere Apicio con "qualsiasi altra cosa delicata", visto il mix mari/monti che precede 😉
Sì, i gusti e le tolleranze alimentari sono cambiate moltissimo, dall'antica Roma ad oggi, ma se ci pensi basta spostarsi di cultura per incontrare, pure nella contemporaneità, gusti che ci fanno innorridire!

Sono molto contenta che l'articolo ti sia piaciuto.. certo non è esaustivo della materia, però almeno ho cercato di dare un'infarinata (visto il tema..) 😛

fuocobio di sabrina gasparri 17 Ottobre 2014 - 6:52

Bellissimo e dettagliatissimo articolo! Grazie Giulia!

MTChallenge 17 Ottobre 2014 - 14:38

Grazie a te per la sfida così appassionante, Sabrina! 🙂

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