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VEGGIE BURGER ATELIER di NINA OLSSON

by Alessandra

Veggie Burger Atelier è uno dei pochi titoli della mia biblioteca ad essere stato tradotto anche in italiano e la notizia mi rincuora perché si tratta di un libro ben fatto, ricchissimo di ricette e divertente come solo il connubio fra hamburger e verdure lo sa essere.

Ovvio che se abitate nella noiosissima terra dei Puristi o dei Maschi Alfa o di chi non ama il sapore dell’avventura nel piatto, queste proposte non facciano per voi.

Ma se invece state dall’altra parte, quella aperta alle sperimentazioni e alla flessibilità, avrete di che gioire: anche perché Nina Olsson è una food writer di tutto rispetto, autrice di un blog strepitoso (Nourish Atelier) e di quattro libri altrettanto pazzeschi, dove le verdure riescono a sedurre anche i palati più tradizionali. Veggie Burger Ateleir è l’ultimo nato- il più stimolante, per quanto mi riguarda, visto che è un giro per i sapori di tutto il mondo che prendono la forma di panini, con tanto di salse e contorni di accompagnamento.

La suddivisione delle ricette non è stagionale, ma geografica e ogni Paese è rappresentato attraverso i suoi sapori o i suoi piatti più tipici: dallo Stroganoff all’Hawaian, dal Berliner al Kasbah, dal Caprese al Kimchi, tutte le tradizioni sono reinterpretate in chiave vegetariana e in modo colorato e gioioso.

Una vera festa di sapori, quindi, a cui vi invito a partecipare, nelle Storie fra poco e con le ricette delle mie amiche, da domani fino alla fine della settimana.


PORTOBELLO BURGERS

di Valeria Caracciolo

Portobello Burgers, ovvero come eliminare il problema dei Buns se ci sono amici celiaci oppure vegani oppure a dieta oppure, semplicemente, disposti a provare un hamburger insolito: i Portobello sono ovviamente i funghi (dovreste trovarli in tutti i supermercati e quasi in tutte le stagioni), serviti con spicchi di patate dolci, falde di peperone, avocado e un golosissimo pesto di noci.

Pare facciano anche bene alla salute, non mi pronuncio perché non sono in grado: ma visto che son facili da fare, buoni da mangiare e pure belli da vedere, mettono comunque di buonumore: il che, di questi tempi, è sempre un plus.

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LAHMACUM BURGER

di Elena Arrigoni

Quando il gioco si fa duro, direbbero gli appassionati di cucina levantina, visto che il Lahmacun è una faccenda serissima e attentare alla sua tipicità, tutta carnivora, potrebbe apparire azzardato.

Diffusissimo in Turchia, ma anche in Israele e in Armenia (da dove probabilmente ha avuto origine- ma sottolineo il probabilmente e mi appello al pater semper incertus est) , è un disco sottilissimo di pasta lievitata che viene farcito con del macinato di agnello (talvolta anche manzo), insaporito con pomodoro, peperoni, erbe e spezie.

Per strada, lo si mangia arrotolato, a tavola viene servito come la nostra pizza a cui viene spesso associato, vista l’appartenenza alla medesima grande famiglia.

Nina Olsson sembra essere consapevole del rischio, visto che, nell’introduzione alla ricetta, mette subito le mani avanti: il segreto del Lahmacun, ci dice, non è nella carne, ma nel suo condimento, il solo a renderlo unico e speciale.

Dopodiché, passa all’attacco, sfoderando il suo mix di spezie e l’arma vincente del toum agli anacardi (la versione mediorientale dell’aioli, qui arricchita dalla crema di anacardi, al posto dell’olio d’oliva).

Il tocco da maestro è l’harissa fatta in casa e se dovessero restare ancora dei dubbi, non vi resta che la prova dell’assaggio, per metterli tutti in fuga.

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SUSHI MINI BURGER

di Nicol Pini

I sushi burger sono una delizia per gli occhi sui social, esordisce Nina Olsson nell’introduzione alla ricetta- e mannaggia all’ignoranza, com’è che questa mi era sfuggita?

No, dico, io che ho il pallino del finger food, che riduco a misure lillipuziane tutto quello che vedo, che tengo figlia che mangerebbe sushi a colazione-pranzo-cena, come ho potuto perdermi una roba del genere?

E, peggio ancora, non arrivarci da sola, nella convinzione che che il sushi fosse perfetto già così e non avesse bisogno di altre trasformazioni?

Errore madornale, anche perché se mai c’è una genialata, in Veggie Burger, è proprio qui: il riso si trasforma in un mini bun, la polpetta è di tofu aromatizzato e fritto, la salsa è una maionese al wasabi e il tutto forma un boccone appetitoso e bellissimo, pure col tocco di classe dell’alga nori.

Li immagino nei buffet, per accontentare tutti, negli aperitivi per un guizzo esotico fra le Taggiasche e il Parmigiano, nel sushi domestico per la serata cinema e in mille altre occasioni, dove farebbero davvero la loro porca figura. E pure senza l’incubo del tappetino di bambù 🙂

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BERLINER VEGGIE BURGER

di Manuela Valentini

Per riflesso condizionato- e quindi deprecabile- ogni volta che incappo nel termine Berliner lo associo alle magliette vendute nelle bancarelle dietro Alexanderplatz, con la gaffe epocale di John Kennedy (Ich bin ein Berliner) e l’immagine del krapfen omonimo, grondante di zucchero e di marmellata.

In realtà, il mio neurone dovrebbe spingersi leggermente più in là, nella zona dei chioschi, dove viene preparato l’altro Berliner, quello a cui fa riferimento la ricetta di oggi, cioè il wurstel tipico della città, meglio noto con il nome di Currywurst.

Anche perché la t-shirt non l’ho mai comperata, mentre i Currywurst sono stati il leit motif di tutte le vacanze berlinesi, visto che non c’è foto che non mi ritragga con mani unte, polsi grondanti di salsa, tovagliolini stropicciati che spuntano dalle tasche dei jeans e imbarazzi vari.

Tutta ‘sta premessa per dire che dalle nostre parti il Berliner è una religione: che però non disdegna le eresie, specie se prendono queste sembianze.

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FALAFEL BURGER

di Susanna Scarola

Sconosciuti ai più fino a pochi decenni fa, i falafel sono oggi un prodotto globalizzato, presente in tutti gli angoli del mondo.

Oltre alla loro bontà e alla facilità di esecuzione, a spingerli sulla strada del successo sono state le cucine vegetariane e vegane, oltre alle ispirazioni salutiste di questi ultimi anni.

Anche se, in teoria, su quest’ultimo punto ci sarebbe qualcosa da eccepire (i migliori falafel si comprano per la strada, fritti negli abissi di un liquido scuro che vi giurano si tratti del più puro extravergine), in pratica si mette il senso critico a tacere e si approfitta di questo beato connubio fra il fare bene ed essere buono.

Immaginarcelo in un hamburger non è difficile, specie se questa volta si resta sul basico, proprio per non privare il primo attore della attenzione che merita: un po’ di crema di feta, due gocce di harissa e via, pronto per essere gustato.
E, credeteci, è una bontà.

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SUNSHINE BURGER

di Tina Tarabelli

Un hamburger ispirato al sole, al mare e ai sapori del Mediterraneo che illuminerà anche la vostra tavola

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HUMMUS DI PEPERONI ROSSI

di Giuliana Fabris

Se siete in cerca di una salsa appetitosa, con cui condire i vostri hamburger, ecco un’idea vincente. Tanto vincente che si lascia mangiare a cucchiaiate pure da sola. Ma questo lo immaginavate giá

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LE PARISIEN

di Elena Arrigoni

Lenticchie di Le Puy, erbe di Provenza, formaggio delle Alpi, senape di Digione… ma l’eleganza é tutta parigina, per un hamburger dal gusto deciso e di grande personalità

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SANDWICH DOLCI AI LAMPONI E DATTERI

di Valeria Caracciolo

Dulcis in fundo, anche quando si parla di hamburger…

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