Home c'era una volta MTC n. 33: Uova alla Benedict: la vera storia

MTC n. 33: Uova alla Benedict: la vera storia

by MTChallenge

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di Roberta Cornali- La Valigia sul Letto

E’ lui o non e’ lui l’uomo delle uova?
Non e’ facile raccontare questa storia. L’inizio e’ quanto meno
nebbioso, il personaggio principale ha i postumi di una sbornia, ci sono
decine di anni durante i quali non accade praticamente nulla… Di certo
ci sono solo il genere al quale la storia appartiene ed il luogo e il
tempo nei quali si e’ svolta: l’origine dell’Uovo alla Benedict e’ un
cupo mistero che affonda le proprie radici in una New York da tempo
dimenticata e in una delle epoche piu’ affascinanti e glamorous della
citta’….
Sull’origine delle Eggs Benedict molto e’ stato detto, ma poco c’e’
di definito. I testimoni oculari, le persone presenti al fatto, sono da
tempo passate a miglior vita. I libri di cucina si contraddicono l’un
l’altro. Persino l’Oxford English Dictionary liquida l’argomento con un
laconico “ Origini U.S.” Cio’ che sicuramente abbiamo, e’ una ricetta
che da circa un secolo, rappresenta qualcosa di infinitamente piu’
grande della somma dei suoi ingredienti
Il piatto – English muffins, uova in camicia, bacon canadese e salsa
olandese – resta un caposaldo del brunch e della colazione in tutti i
piu’ lussuosi ristornati di New York ed e’ nel repertorio dei piu’
famosi e raffinati chef.
Nonostante esistano differenti versioni circa la sua creazione (le
quali saranno sicuramente argomento di animate discussioni da parte dei
partecipanti al National Egg Benedict Day, una poco conosciuta
celebrazione che ricorre ogni 16 di Aprile), tutte quante condividono le
stesse signorili radici: ricchi e distinti newyorkesi, fiabeschi
ristoranti ed un’avventurosa cultura del cibo che, in quel lontano XIX
secolo, ancora non era stata intaccata dalle moderne ansieta’ riguardo
trigliceridi e colesterolo.
Se si dovesse indicare un punto di partenza del dibattito circa la
provenienza di quello che e’ universalmente riconosciuto come la
quintessenza del brunch, questo sarebbe il 1942. In quell’anno, il New
Yorker pubblica un articolo in cui si parla di un agente di cambio, tale
Lemuel Benedict, e della particolare colazione da lui ordinata circa 50
anni prima, nel 1894, al ristorante del Waldorf Hotel, che all’epoca si
trovava all’angolo tra la Fifth Avenue e la 33esima Strada. Entro il
1931, anno in cui l’hotel si trasferi’ al suo attuale indirizzo in Park
Avenue e cambio’ nome in Waldorf Astoria, le uova alla Benedict erano
gia’ state sancite come classico piatto americano ed erano uno dei fiori
all’occhiello di un ristorante che serviva presidenti, star del cinema e
dignitari stranieri.
A detta di tutti, Lemuel Benedict era un focoso donnaiolo,
tipicamente abbigliato con eleganti completi scuri ed alti colletti
bianchi. L’archivio della Borsa di New York, conserva una caricatura che
lo ritrae come un instancabile generatore di pettegolezzi nell’ambiente
di Wall Street. Il suo nome compariva spesso nelle colonne di cronaca
mondana e, tra il personale dei migliori ristoranti newyorkesi, aveva
reputazione di generoso dispensatore di laute mance. Quando si recava
alle partite di football dell’Universita’ di Princeton, frequantata dal
nipote Coleman Benedict, “Uncle Lem” si faceva notare per il suo
cappotto di pelo di procione e il bastone da passeggio che nascondeva al
suo interno una fiaschetta di liquore.
Comprensibilmente, lo scintillante edonismo di Lemuel gli alieno’ le
simpatie del resto dell’aristocratica e riservata famiglia Benedict.
Quando nel 1908 sposo’ Carrie Bridewell, famosa per essere stata la
prima cantante d’opera nata sul suolo Americano a cantare al
Metropolitan Opera House, la famiglia ebbe a ridire sul fatto che la sposina si guadagnasse da vivere lavorando.
Tornando alla nascita dell’Uovo alla Benedict, il New Yorker racconta
come Lemuel fosse vittima dei postumi di una sbornia, quella mattina,
ma nonostante cio’, non si sentisse troppo nauseato per poter consumare
una sostanziosa colazione. Ordino’ due uova in camicia, del pane
tostato, del bacon canadese ed un bricco di salsa olandese. Una volta
ricevuta al tavolo la sua ordinazione, provvide egli stesso alla
composizione del piatto: lo stesso che oggi porta il suo nome.
Questa inusitata novita’ attiro’ l’attenzione del maitre di sala, il
famoso Oscar del Waldorf, come era universalmente noto. Una volta che
l’ebbe assaggiata, decise di inserirla nel menu’ dell’albergo,
sostituendo pero’ il toast con un English muffin e il bacon con una
fetta di prosciutto arrosto. Da quella storica mattina, Lemuel ebbe a
compiacersi della fama e del prestigio raggiunto dalla sua invenzione,
ma continuo’ a protestare per il fatto che lui l’aveva pensata con il
pane tostato. Non accetto’ mai l’idea del muffin.
“Lemmy si arrabbiava quando la vedeva fare in modo diverso da come
lui l’aveva ordinata quella mattina” rivela Mrs. Wolf-Benedict, la
vedova del nipote, intervistata recentemente sull’argomento “ o se la
salsa olandese non era fatta alla perfezione”
Ora, come nota personale, vorrei aggiungere che trovo assolutamente
delizioso il fatto che la signora sopracitata, una degli ultimi
congiunti diretti del simpatico e intraprendente alcolista, si chiami
Ethyl…
Lemuel Benedict mori’, all’eta’ di 76 anni, nel 1943, poco meno di un
anno dopo la pubblicazione dell’articolo sul New Yorker. Detto
articolo, attiro’ l’attenzione di Jack Benedict, un agente immobiliare
del Colorado che era figlio di un cugino di primo grado di Lemuel. Man
mano che affioravano altre versioni della nascita dell’ uovo alla
Benedict, l’interesse di jack alla vicenda aumentava, arrivando ad
assumere toni di acceso attivismo, per non dire di fanatismo. Si
impegno’ con tutte le sue forze affinche’ al parente scomparso fosse
riconosciuto il merito di avere inventato la famosa ricetta. Una cosa
che lo irrito’ moltissimo, fu la pubblicazione, nel marzo del 1987, di
un articolo sulla rivista Bon Appetit: sotto al titolo di “The perfect
Eggs Benedict”, si dava credito a certi Mr. e Mrs. Le Grand Benedict di
aver creato il piatto in questione.
Stando a quanto affermato dalla rivista, i due avrebbero ordinato gli
stessi ingredienti da Delmonico’s, il ristorante del Financial District
famoso per le omonime bistecche e per la clientela di altissimo
livello. A quanto pare la coppia, essendo cliente fissa del ristorante,
era annoiata dal menu, da qui la decisione di creare un piatto piu’
stimolante. Nell’articolo si fa anche riferimento ad un giovanotto che
ordino’ le stesse cose al Waldorf con l’intento di curarsi il dopo
sbronza, ma, cosa che fece saltare i nervi al povero Jack, si
riferiscono a lui chiamdolo Samuel, invece che Lemuel…L’articolo rivela
inoltre che nel 1894, anno in cui si suppone che Lemuel abbia fatto la
sua ordinazione al Waldorf, Charles Ranhofer, il leggendaro chef di
Delmonico’s dell’epoca, desse alle stampe il suo libro di ricette tra le
quali compare anche quella di un piatto molto simile che lui chiama
Eggs a la Benedik.
La “versione Le Grand” prese piede ed arrivo’ ad eclissare quella di
Lemuel nei testi di cucina o comunque riferiti al cibo e convinse Jack
ad intraprendere una vera e propria campagna a favore del lontano
cugino.
Il fato volle che l’articolo su Bon Appetit, apparisse proprio in
concomitanza con la realizzazione di un vecchio sogno di Jack:
l’apertura di un ristorante! Nell’Agosto dello stesso anno, a Winter
Park, una localita’ sciistica nei pressi di Denver, apri’ i battenti L.
C. Benedict Restaurant and Tavern, dove L. sta per Lemuel e C. per
Coleman. I propositi di Jack non erano solo gastronomici, ma anche
storici: proponendo entrambe le versioni dell’uovo alla Benedict, cioe’
sia con il toast e il bacon che con il muffin e il prosciutto, intendeva
istruire la clienatela circa le origini del piatto.
Avendo collezionato nel corso degli anni tutto il materiale e i
memorabilia su cui era riuscito a mettere le mani che avessero un
qualsivoglia collegamento con la ricetta o la famiglia, allesti’ una
sorta di story board all’ingresso del locale nella quale veniva
illustrata tutta la complessa storia dalla nascita del piatto fino ai
giorni nostri. Screditando l’opposizione, sperava di riconsegnare la
memoria del cugino all’immortalita’ culinaria alla quale aveva diritto.
A questo punto, la storia torna a New York, nell’appartamento a
Chelsea dove vivono Coleman Benedict e la moglie che risponde
all’adorabile nome di Ethyl. Entrambi all’epoca sono professori
universitari di materie classiche, Coleman alla Columbia e la frizzante
Ethyl al Brooklin College.
Un giorno del 1980 Coleman si rivolge alla moglie dicendole: “C’e’ un
deficiente che mi sta dando il tormento! Dice di essere mio cugino.
Vuole avere informazioni che riguardano Lemmy” Il deficiente in
questione, ovviamente, era Jack, ma la coppia non lo aveva mai sentito
nominare prima e non e’ che morisse dalla voglia di verificare la
veridicita’ della sua affermazione. Per quanto li riguardava, poteva
trattarsi di un impostore che desiderava trarre profitto dal nome di
famiglia.
L’essere riuscito a mettersi in contatto con i suoi congiunti, aveva
pero’ portato al parossismo l’entusiasmo di Jack. “Non riusciremo a
togliercelo dall….dai piedi” disse un giorno l’amabile Ethyl al marito.
Un diluvio di telefonate e di lettere si riverso’ sulla coppia e Jack si
convinse di aver creato un legame profondo con i due, nonostante loro
manifestassero scarsissimo interesse verso l’argomento che a lui stava
tanto a cuore. Jack inoltre era elettrizzato nell’apprendere che fossero
entrambi degli storici. Li informo’ di aver raccolto un gran numero di
informazioni e di essere ormai pronto alla pubblicazione di un articolo
che facesse finalmente luce su tutta la vicenda. Sperava che i Benedict,
con la loro esperienza in campo editoriale, potessero essergli di
aiuto.
La gioviale sincerita’ con la quale, contemporaneamente, chiedeva il
loro aiuto e si scusava del fastidio che stava loro arrecando, fini’ per
vincere l’iniziale scetticismo, al punto che la coppia smise di
riferirsi a lui chiamandolo “ Quel pazzo del cugino Jack”. Le sue
lettere continuavano ad arrivare, vergate a mano su carta da lettere
intestata e con incisa la frase “La famiglia che ha dato al mondo le
Eggs Benedict”……
Vi siete ripresi, si’? Continuiamo allora.
Nel 1988, esattamente dieci anni dall’inizio della missione di Jack,
Coleman e l’elegante Ethyl si trovano in quel di Denver, dove
l’abboccata Ethyl deve tenere una lettura…forse all’ Alcolisti
anonimi?…mah…I due accettano di incontrare Jack a casa sua, dove lui
li ha invitati sperando di averli come alleati nella sua campagna per
definire una volta per tutte la questione Eggs Benedict.
Una volta arrivati a casa di Jack, ricorda la liquorosa Ethyl,
Coleman spari’ in un imbarazzante abbraccio ed il presunto cugino
eclamo’: “Sei identico a mio padre!”. La
coppia non era ancora del tutto persuasa che l’originale personaggio
fosse davvero un loro parente, ma una volta in casa si accorsero che
ovunque erano esposte fotografie di famiglia identiche a quelle che
adornavano muri e mobili del loro appartamento newyorkese. Jack poteva
essere un po’ strambo, ma non sembrava essere un bugiardo. Sicuramente
il suo interesse per le uova alla Benedict sembrava genuino e sincero.
Una stanza dell’abitazione era interamente dedicata al’argomento e
contenva tutti gli oggeti una volta esposti al ristorante, chiuso nel
1984 dopo sei anni di attivita’. Questa esperienza diede nuovo impulso
ai suoi sforzi letterari e nuovamente confido’ ai lontani parenti la sua
speranza in una loro guida editoriale.
Per farla breve, il povero Jack non vide mai coronato il suo sogno:
ben 15 riviste rifutarono il suo articolo. Quando mori’, nel 1993, la
versione Le Grand sembrava aver vinto ed essersi affermata come la piu’
accreditata origine delle uova alla Benedict.
Oltretutto va detto che quell’Oscar del Waldorf, supposto testimone
oculare della nascita del piatto nonche’ responsabile della sua comparsa
sul menu dell’hotel e dell’attribuzione del nome Benedict, non ha mai
confermato questa versione. Non ne fa alcun cenno nella sua
autobiografia intitolata, neanche a dirlo, “Oscar of the Waldorf” e
nemmeno nei numerosi articoli da lui scritti per varie riviste
culinarie.
Anche alcuni storici gastronomici sono scettici riguardo la “versione
Lemuel”, preferendo la teoria secondo la quale piu’ che di
un’invenzione si sia trattato di un’evoluzione di altre ricette. Il
fatto che il piatto sia diventato di moda improvvisamente e
contemporaneamente in tutti i ristoranti di New York, non significa che
fosse qualcosa di nuovo. C’e’ anche chi tenta di mettere d’accordo le
due versioni “Le Grand” e “Lemuel”,ipotizzando che possa essersi
trattato della stessa persona che ha ordinato le stesse cose sia al
Waldorf che dal Delmonico’s.
Quando Lemuel Benedict mori’, sui necrologi si menzionava la sua
attivita’ di agente di cambio, ma non si faceva cenno ad alcuna eredita’
culinaria. Anche perche’ l’aristocratica famiglia non aveva mai
perdonato il suo scapestrato congiunto. Sicuramente consideravano poco
dignitoso accostare ad una brillante carriera alla prestigiosa Borsa di
New York, l’invenzione di un piatto da colazione…per non parlare
dell’imbarazzante accenno ai postumi della sbornia….
Quando nel 2005 anche Coleman Benedict mori’, la vedova, la
persistente Ethyl, dovette prendere una decisione: nonostante fosse
sicura che suo marito Coleman non avrebbe approvato, specifico’ nel
necrologio sul New York Times la parentela con quel Lemuel “divenuto
famoso per essere l’omonimo creatore delle Eggs Benedict, in seguito
alla colazione che ordino’ al Waldorf Hotel nel 1894 e che Oscar del
Waldorf gli fece preparare su sua richiesta e che poi chiamo’ con il suo
nome.”

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