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Avanzi tutta! Primavera, tempo di erbe selvatiche

by Mapi

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La nostra rubrica, dedicata all’uso intelligente degli avanzi in cucina, non può esimersi in questa stagione dal prendere in considerazione una serie di ingredienti che, largamente utilizzati in passato, oggi sono per lo più negletti: le erbe selvatiche. Le nostre nonne le conoscevano bene, sapevano riconoscerle e le raccoglievano regolarmente per poi trasformarle in gustosi piatti che sfamavano la famiglia e la mantenevano in salute, grazie alle loro proprietà salutari. Queste conoscenze si sono ahimè perdute nel corso delle ultime due generazioni, e sono pochissime le mamme e le nonne di oggi che, facendo una passeggiata nei prati, saprebbero distinguere le erbe buone dalle cosiddette erbacce, ed è veramente un peccato. Per fortuna ultimamente stiamo assistendo alla riscoperta di questi preziosi e gustosi alleati della nostra salute e della buona tavola, tanto che da più parti si cominciano timidamente a organizzare dei veri e propri corsi per imparare a riconoscerle e per riscoprirne l’uso in cucina.

Le blogger della Community di Mag About Food hanno scatenato una vera e propria caccia alle erbe in questo mese, “sport” reso più difficile dal fatto che le gelate dei primi di marzo hanno ucciso parecchie piantine sul nascere. Il risultato è una carrellata di ricette golose, dall’antipasto al dolce, che ci auguriamo segnino la rinascita di un approccio alla cucina più consapevole e rispettoso dei doni che Madre Natura ci ha fatto.

Menù

  • Quiche all’aglio orsino
  • Quiche alle ortiche
  • Pane in cassetta all’aglio orsino
  • Salmorejo con silene e focaccine alle erbe spontanee
  • Fettuccine all’aglio nero ed erbe spontanee
  • Ravioli alla podagraria
  • Risotto alle ortiche
  • Gnocchi di patate e ortiche al finocchietto selvatico
  • Canederli gratinati di ortica e borragine
  • Agnello al finocchietto selvatico
  • Branzino con rosti di patate e ortiche
  • Gelatina di fiori di tarassaco
  • Pavlova alle fragole con panna acida alla nepitella

Quiche all’aglio orsino
Vittoria Traversa – La Cucina Piccolina
Da: Diane Dittmer – In cucina con le erbe selvatiche – Red

0 2018-05-04 21.09.44

Per 12 persone

1 stampo Ø 26 cm

4 peperoni rossi a punta, circa 400 g
3 cucchiai di olio extravergine di oliva
Sale
100 g di aglio orsino (io altra varietà di aglio selvatico, aglio triqueto)
1 peperoncino piccante fresco (o secco in scaglie)
1 lime bio
400 g di formaggio tipo feta
3 uova

50 ml di latte
3 noci di burro
6 fogli di pasta fillo, circa 200 g
4 cucchiai di glassa di aceto balsamico o aceto al finocchietto*

Tempo di preparazione 30 min
Tempo di cottura in forno 35 min
Calorie per porzione 240 circa

Preriscaldate il forno a 220°, tagliate i peperoni in 2 per il lungo mondateli e lavateli. Sistemateli su una teglia rivestita di carta da forno con la parte tagliata verso il basso. Irrorate con l’olio, salate e cuocete in forno per 12-15 minuti. Estraete la teglia e abbassate la temperatura a 170°.
Lavate e asciugate l’aglio orsino (io ho utilizzato tutta la parte verde più tenera e anche i fiori). Tenete da parte un po’ di fiori per decorare e tagliuzzate il resto grossolanamente.
Dividete in due il peperoncino piccante, lavatelo e tritatelo. Sciacquate il lime, grattugiate la scorza e spremetelo. Rompete il formaggio a pezzetti e frullatelo con il mix a immersione insieme a uova, peperoncino, succo e scorza del ime. Salate solo se necessario, la feta è già molto salata.
Nel frattempo fondete il burro e spennellate i fogli di pasta fillo. Sovrapponete 3 fogli alla volta e sistemate nello stampo imburrato i due quadrati ottenuti, sfalsando leggermente gli angoli.
Distribuite l’aglio orsino sul fondo della quiche, poi versatevi il composto preparato.
Cuocete in forno per 35-40 minuti, coprendo i bordi con carta di alluminio se scuriscono troppo.
Tagliate i peperoni in falde e distribuiteli sulla superficie della torta, decorate con i fiorellini di aglio e completate con qualche goccia di aceto balsamico o aceto al finocchietto (vedi suggerimento).

Servire immediatamente o appena tiepida, per evitare che la pasta fillo perda croccantezza.

Tips & Tricks
Coprite i peperoni, dopo averli tirati fuori dal forno, in modo che l’umidità stacchi la buccia, facilitandone la spellatura una volta freddi.

L’idea in più: l’aceto al finocchietto
Per fare in casa l’aceto al finocchietto pestate nel mortaio 2 cucchiai di semi di finocchietto selvatico e tostateli in padella. Toglieteli e cospargete il fondo della padella con 3 cucchiai di zucchero. Cuocete fino a ottenere un caramello dorato, aggiungete il finocchietto e sfumate con 100 ml di aceto di vino. Fate bollire mescolando finchè il caramello non sia completamente sciolto. Unite un pizzico di sale, fate raffreddare, filtrate e imbottigliate. Si conserva 8 mesi.

 

Quiche alle ortiche
Manuela Valentini – … profumi e colori …. 

Da: Diane Dittmer – In cucina con le erbe selvatiche – Red

Manuela Valentini - quieche ortica (2)

Dosi per 6-8 persone

1 teglia rettangolare da 20x28cm

300 g di farina
50 g di amido di mais
½ cucchiaino di sale
200 g di burro a pezzi
1 uovo

Ripieno
80-100 g di cime d’ortica
1 limone non trattato
1 peperoncino rosso
120 g di Parmigiano
5 uova
250 g di panna acida
1 cucchiaio di amido di mais
Sale e pepe

Preparate la briséé mescolando la farina con il sale e l’amido, poi aggiungete due cucchiai di acqua fredda, il burro e l’uovo, lavorate (a mano o con l’impastatrice) velocemente per non riscaldare l’impasto, fino a ottenere una pasta liscia. Avvolgete in pellicola e fate riposare in frigorifero per almeno 30 minuti.
Per il ripieno, lavate le ortiche (solo le foglie) e asciugatele bene. Tritatele grossolanamente, grattugiate la scorza del limone e spremetelo. Tagliate il peperoncino in due per il lungo, mondatelo, lavatelo e tritatelo finemente. Sbattete le uova con la panna acida, l’amido, il Parmigiano grattugiato, il peperoncino, la scorza di limone, il sale e il pepe.
Preriscaldate il forno a 190 °C e imburrate lo stampo. Stendete sulla spianatoia infarinata la pasta brisée in una sfoglia più grande dello stampo poi foderatelo bene, bordi compresi. Bucherellate il fondo con una forchetta e mettete in frigorifero per 10 minuti. Coprite il fondo con carta forno e versateci dei fagioli secchi, quindi infornate per 15 minuti.
Togliete dal forno, eliminate la carta forno e i fagioli e fate raffreddare un paio di minuti.
Unite le ortiche al composto di panna e uova, aggiungete un po’ di succo di limone, mescolate e versate sul fondo della quiche distribuendo bene. Cuocete in forno a media altezza per circa 35 minuti, finché la superficie non sarà ben dorata. Sfornate e fate raffreddare prima di servire.

 

Pane in cassetta all’aglio orsino
Anna Laura Mattesini – EatParadeBlog 
Da: Diane Dittmer – In cucina con le erbe selvatiche – Red

Aglio orsino or

Per uno stampo a cassetta di 30 cm
30 minuti di preparazione + 1 ora di riposo + 50 minuti di cottura

350 g di farina di farro spelta tipo 2
150 g di farina Manitoba
Sale
325 ml di latte
12 g di lievito di birra fresco
1 cucchiaino di zucchero
220 g di burro morbido
100 g di aglio orsino
Farina per la spianatoia

Mescolate la farina e un cucchiaino colmo di sale in una ciotola. Spezzettate il lievito di birra nel latte a temperatura ambiente, aggiungete lo zucchero e mescolate finché non si scioglie. Unitelo alla farina insieme a 40 g di burro e lavorate fino a ottenere un impasto liscio. Coprite e fate riposare in luogo caldo per 45 minuti, o finché il volume non sia raddoppiato.
Nel frattempo lavate l’aglio orsino e asciugatelo bene. Tritate finemente le foglioline e unitele al burro rimasto insieme a una presa di sale, mescolando energicamente con una forchetta.
Rivestite lo stampo con carta forno.

Ribaltate l’impasto sulla spianatoia, lavoratelo di nuovo con le mani e stendetelo con il mattarello in un rettangolo di circa 50 x 40 cm, su cui spalmerete il burro all’aglio orsino. A questo punto tagliate l’impasto per il lungo in cinque strisce. Ripiegate ogni striscia su se stessa a mo’ di fisarmonica, sistematele nello stampo in verticale e lasciate lievitare per circa mezz’ora.

Preriscaldate il forno a 190 °C.
Infornate il pane sul ripiano inferiore e cuocete per 45-50 minuti fino alla formazione di una bella crosticina; se necessario, coprite con un foglio di alluminio, per evitare che si scurisca troppo. Una volta cotto, estraetelo dallo stampo aiutandovi con i lembi della carta da forno. Potete gustarlo tiepido oppure freddo.

 

Salmorejo con silene e focaccine alle erbe spontanee
Francesca Geloso – 121 gradi
liberamente tratta da: Diane Dittmer – In cucina con le erbe selvatiche – Red

Salmorejo

Per 6 persone

Per il salmorejo

1 kg di pomodori
450 g di pane raffermo (di uno o due giorni)
150 ml di olio extravergine di oliva
1 spicchio d’aglio
aceto (un cucchiaio)
una tazza d’acqua
1 uovo sodo
100 g di prosciutto crudo stagionato
80 g di silene
sale qb

Per le focaccine alle erbe

300 g di farina 00
10 g di lievito
180 ml di acqua tiepida
1 cucchiaino di sale
6 cucchiai di olio extravergine di oliva
1 manciata abbondante di finocchio selvatico
1 manciata abbondante di romice
1 manciata abbondante di silene
1 cucchiaio colmo di sale affumicato in scaglie

Per prima cosa preparate il salmorejo, che dovrà riposare in frigorifero per alcune ore per amalgamare i sapori. Sbollentate per un minuto circa i pomodori, cui avrete precedentemente inciso la buccia, in una pentola capiente con acqua in leggera ebollizione e poi passateli sotto l’acqua fredda affinché la pelle si stacchi meglio. Spellateli, eliminate la parte più dura vicino al picciolo, tagliateli in quattro parti e frullateli. Passate al setaccio e tenete da parte.
Eliminate tutta la crosta dal pane e tagliatelo grossolanamente, poi mettetelo in una ciotola capiente e coprite con la purea di pomodori e l’acqua. Lasciate riposare per un quarto d’ora circa, affinché il pane possa ammorbidirsi.
Nel frattempo tagliate il prosciutto a pezzetti e sbriciolate il tuorlo dell’uovo sodo.
Aggiungete ai pomodori e al pane l’aglio, l’olio e l’aceto e frullate nuovamente fino a ottenere un composto cremoso e abbastanza denso. Assaggiate e aggiustate di sale.
Fate riposare il salmorejo coperto, in frigorifero per qualche ora.
Lavate accuratamente la silene ed eliminate le parti più dure, quindi fatela saltare per un paio di minuti in padella con un filo di olio extravergine di oliva. Assaggiate e aggiustate di sale.

Preparate le focaccine.
Fate sciogliere il lievito in un bicchiere d’acqua appena tiepida (30 °C) con l’aggiunta di un cucchiaino di zucchero; in planetaria con la frusta a gancio lavorate a velocità media per qualce minuto la farina setacciata, il lievito ormai sciolto e a tutta l’acqua. Aggiungete il sale e l’olio e lavorate fino a ottenere un impasto liscio ed elastico. Mettetelo in una ciotola capiente, coprite con pellicola o con un panno umido e fate lievitare per un’ora e mezza circa, fino al raddoppio.
Nel frattempo nettate degli scarti, lavate accuratamente e tritare separatamente il finocchio selvatico, la silene e il romice.
Riprendete l’impasto, dividetelo in tre parti e impastate nuovamente aggiungendo a ciascuna parte un tipo delle erbe spontanee tritate. Otterrete tre impasti differenti, uno al finocchio selvatico, uno alla silene e uno al romice. Ricavate da questi 16 focaccine e riponetele a lievitare, coperte, per un’altra ora. Condite le focaccine con un filo di olio extravergine di oliva e fiocchi di sale affumicato.
Cuocete in forno statico, preriscaldato a 200 °C per un quarto d’ora circa, o finché non risulteranno cotte e leggermente dorate in superficie.
Servite il salmorejo freddo con l’aggiunta del prosciutto, dell’uovo e della silene spadellata, ancora calda.
Accompagnate con le focaccine alle erbe spontanee e con cubetti di ghiaccio che avrete congelato con all’interno piccole infiorescenze di erbe spontanee.

 

Fettuccine all’aglio nero ed erbe spontanee
Tamara Giorgetti – Un pezzo della mia Maremma

Tagliatelle alle erbe spontanee e aglio nero
Per 2 persone
Per le fettuccine:
170 g di semola rimacinata
80 g di farina di grano tenero tipo 0
1 uovo e 1 tuorlo
5 spicchi di aglio nero (aglio fermentato)
sale q.b.
Per il condimento:
1 mazzetto di asparagina di bosco
50 ml di olio extravergine d’oliva
100 g di fave senza pelle
1 aglietto fresco anche con la coda
Foglie di crescione d’acqua
Qualche ramo di finocchietto selvatico
Qualche foglia di basilico rosso, molto delicato

 

Per le fettuccine setacciate le due farine, mettete a sciogliere in 30 ml di acqua l’aglio nero senza pelle (a contatto con l’acqua si scioglie bene) e mescolate. Praticate un incavo nella farina e versateci l’acqua con l’aglio nero, il sale, l’uovo e il tuorlo e impastate lavorando bene per almeno 10 minuti; se fosse troppo morbida aggiungete altra farina e qualche goccia d’acqua se fosse troppo asciutta. Avvolgete nella pellicola e fate riposare al fresco.
Nel frattempo mettete qualche cucchiaio di olio in una padella con l’aglietto fresco tagliato a pezzetti, pulite gli asparagi di bosco togliendo la parte finale legnosa, fateli a pezzetti e mettete anche loro nella padella a fuoco basso, aggiungete dopo poco le fave senza pelle e poi le altre erbe, fate cuocere pochi minuti sempre a fuoco basso.
Riprendete la pasta e tirate la sfoglia con il matterello o con la macchina, fate asciugare le sfoglie e poi tagliatele a fettuccine. Mettete sul fuoco una pentola piena d’acqua salata.
Quando l’acqua bolle calate la pasta e dopo 3/4 minuti tiratela su con una pinza e aggiungetela alle erbe nella padella, spadellate per pochi secondi, mantecate con un filo d’olio e portate in tavola.

Ravioli alla podagraria
Annarita Rossi – Il bosco di alici
da: Diane Dittmer – In cucina con le erbe selvatiche – Red

__Ravioli podagraria

Per 4 persone
Per la sfoglia:
120 g di farina
80 g di semola di grano duro
½ cucchiaino di sale
2 uova
1 cucchiaino di olio extravergine d’oliva

Per il ripieno:
50 g di podagraria
120 g di pecorino
1 lime bio
1 peperoncino
200 g di ricotta
Sale

Per la salsa:
100 g di podagraria
5-6 noci di burro

In una ciotola mescolate la farina con il sale e la semola di grano duro. Aggiungete le uova e l’olio e lavorate la massa fino a ottenere un impasto liscio. Formate una palla, avvolgetela nella pellicola e fate riposare per circa un’ora.
Nel frattempo, per l’impasto dei ravioli, lavate e asciugate la podagraria e tritate grossolanamente le foglie, poi grattugiate metà del pecorino. Riducete l’altra metà a scaglie con la mandolina e mettete da parte in un recipiente coperto.
Lavate il lime sotto l’acqua calda, asciugatelo e grattugiatene la scorza. Dividete il peperoncino in due per il lungo, mondatelo, lavatelo e tritatelo finemente. In una ciotola, mescolate la ricotta con il peperoncino grattugiato, la scorza di lime, la podagraria, sale e peperoncino.
Riprendete l’impasto e dividetelo in più parti, poi passate ogni porzione tra i rulli della macchina per pasta fino a ottenere uno spessore di 1-2 mm. In una pentola capiente portate a ebollizione abbondante acqua salata.
Con la rotellina tagliapasta, ricavate dalle strisce di sfoglia dei quadratini di circa 12×12 cm. Distribuite al centro di ciascun quadrato un cucchiaio di ripieno, poi ripiegate i pezzi di sfoglia in diagonale in modo da formare delle tasche triangolari, premendo bene sui lembi. Cuocete i ravioli nell’acqua salata per 3-4 minuti finché non tornano a galla.
Per la salsa, lavate e asciugate la podagraria e soffriggetela per pochi secondi nel burro sciolto in un pentolino. Scolate i ravioli e distribuiteli nei piatti, versatevi sopra il burro fuso e decorate con le scaglie di pecorino.

 

Risotto alle ortiche
Giuliana Fabris – La Gallina Vintage
Da: Erbe spontanee a tavola – Slow Food Editore

risotto alle ortiche 3

Per 4/6 persone

500 g di riso Carnaroli
600 g di cime di ortica
1 cipolla bionda
120 g di ricotta
poca panna liquida fresca (o latte)
mezzo bicchiere di vino bianco
100 g di burro
Parmigiano Reggiano grattugiato q.b.
Sale

Pepe

per il brodo vegetale:
1 carota
1 costa di sedano
1 cipolla
1 foglia di alloro
Sale, pepe in grani

Mondate e lavate le verdure per il brodo vegetale e fatele bollire in abbondante acqua, unite la foglia di alloro, il sale e il pepe in grani. Cuocete le verdure poi filtrate e tenete da parte.
Raccogliete possibilmente cime di ortiche giovani, accarezzando la foglia dal gambo verso la punta, così non pungeranno. Cuocetele brevemente in acqua bollente salata o, se preferite, a vapore, poi scolatele, strizzatele un poco e tritatele grossolanamente.
Scaldate il brodo vegetale per il risotto.
Frullate la ricotta per un paio di minuti, in modo che diventi una crema ben omogenea e senza grumi.
In una casseruola rosolate la cipolla in metà del burro, senza che prenda colore.
Unite il riso e tostatelo qualche minuto finché assorbe il condimento e i chicchi diventano traslucidi, quindi sfumate con il vino bianco e fate evaporare, unite le ortiche tritate e portate a cottura aggiungendo poco brodo vegetale alla volta, ben caldo, mescolando continuamente, occorreranno circa 18/20 minuti. Cinque minuti prima che la cottura sia completata, unite la ricotta e mescolate in modo che si sciolga completamente nel risotto.
Togliete dal fuoco la casseruola un paio di minuti prima di finire la cottura e mantecate il risotto con il resto del burro, poca panna (o latte) e una generosa manciata di parmigiano grattugiato. Mescolate energicamente muovendo allo stesso tempo il tegame in modo da avere un risotto morbido, all’onda. Fate riposare per qualche secondo e servite.

Gnocchi di patate e ortiche al finocchietto selvatico
Giuliana Fabris – La Gallina Vintage

gnocchi alle ortiche 2

Per 4 persone

800 g di patate a pasta bianca (pesate pulite)
1 kg abbondante di ortiche fresche
1 cipollotto fresco
250/300 g di farina
poco burro
1 uovo
sale, pepe

per il condimento:
burro q.b.
un mazzetto abbondante di finocchietto selvatico
poco parmigiano grattugiato
1 spicchio d’aglio fresco

per completare:
petali secchi di fiordaliso

Munitevi di guanti e staccate le foglie di ortica dai gambi. Lavatele e cuocetele velocemente in acqua bollente salata. Dovrete ricavarne i 200 grammi che vi serviranno per gli gnocchi. Una volta ben scolate e strizzate, tritatele finemente.
Cuocete anche le patate a vapore, o avvolte in carta forno nel Micro onde in modo che non assorbano acqua.
Mentre le patate cuociono, pulite e lavate il cipollotto fresco, tritatelo e fatelo appassire in una noce di burro, aggiungete il trito di ortiche, salate leggermente, lasciate insaporire e asciugare bene. Tenete da parte.
Schiacciate le patate, ancora bollenti, direttamente sulla spianatoia, fate una fontana e lasciate che il vapore se ne vada, poi aggiungete l’uovo, le ortiche , il sale e il pepe, iniziate ad impastare aggiungendo poca farina per volta finchè sentirete sotto le mani un impasto morbido, ben amalgamato ma lavorabile senza problemi. Magari la dose di farina non servirà tutta, dipenderà da quanta ne chiederanno le patate.
A questo punto procedete con la preparazione degli gnocchi, prelevate una piccola fetta dall’impasto, fatela diventare un piccolo cordoncino e dividetelo in gnocchi, rigateli con una grattugia o con l’apposito attrezzo e allineateli sul piano infarinato della spianatoia.
Mondate il finocchietto selvatico, eliminate i gambi più grossi, lavatelo e asciugatelo, tritatelo grossolanamente. Fondete una generosa noce di burro in un pentolino, aggiungete lo spicchio di aglio fresco e quando spumeggia unite anche il trito di finocchietto. Spegnete dopo un minuto e lasciate insaporire a fuoco spento, poi eliminate l’aglio.
Cuocete gli gnocchi pochi per volta in abbondante acqua bollente salata, condite ogni piatto con un poco di burro fuso al finocchietto, spolverate leggermente col parmigiano e colorate con petali secchi di fiordaliso. In caso non si riescano a reperire, si possono usare i fiori freschi della borragine.

Canederli gratinati di ortica e borragine
Patrizia Malomo – Andante con Gusto
Canederli

Per 4 persone

Per i canederli:
300 g di pane bianco raffermo
2 uova medie
150 ml di latte
40 g di parmigiano grattugiato
60 g di ortica lessata e strizzata
60 g di borragine lessata e strizzata
1 piccolo cipollotto
50 g di mortadella tritata sottile
Farina qb
Pangrattato qb
sale – pepe nero macinato fresco q.b.
noce moscata q.b.
Olio extravergine qb

Per il brodo vegetale:
1 carota
1 costa di sedano
1 foglia di alloro
1 ciuffetto di prezzemolo
2 cucchiai di passata di pomodoro
sale qb

Per la salsa e finitura:
250 ml di latte fresco intero
25 g di burro
1 cucchiaio di farina
2 cucchiai di panna fresca
50 g di pancetta dolce a dadini
sale – pepe – noce moscata q.b.

Preparate subito il brodo vegetale con gli ingredienti indicati e fate bollire per c.ca 1 ora.
Una volta pronto, eliminate le verdure e tenete pronta la casseruola con il brodo in cui cuocerete i vostri canederli.
Fate ammollare il pane tagliato a dadini in una ciotola con il latte. Una volta morbido strizzatelo bene e mettetelo in una ciotola capiente.
Tritate al coltello l’ortica e la borragine precedentemente lessate.
In una larga padella fate passire il cipollotto tagliato sottile con due cucchiai d’olio (se necessario aggiungete poca acqua) e quando sarà morbido saltatevi le erbe selvatiche ed aggiustate di sale.
Versate adesso le verdure nella ciotola con il pane ed aggiungetevi il parmigiano, la mortadella tritata sottile, le uova sbattute. Con un cucchiaio mescolate velocemente gli ingredienti quindi impastate a mano per ottenere un composto omogeneo.
Verificate che non sia troppo morbido. Nel caso aggiungete del pan grattato e della farina per ottenere un composto morbido ma sostenuto.
Aggiustate di sale, pepe e noce moscata.
Formate delle palline grandi come palline da golf e tenete da parte.
Portate ad ebollizione il brodo vegetale e con delicatezza calatevi dentro i canederli.
Fate cuocere sobbollendo fino a che le palline non saliranno in superficie.
Con una schiumarola scolateli e sistemateli su un piatto.
Accendete il forno a 200°C mettendo la griglia al livello più alto, modalità gratin.
Preparate la bechamel: Scaldate il latte fino a fremere.
Fate sciogliere il burro in una casseruola con fondo spesso. Quando sarà sciolto, versatevi la farina di colpo e con una frusta a mano mescolate velocemente affinché la farina cuocia nel burro senza bruciare e prenda un colore dorato (c.ca 1 minuto). A questo punto versate il latte a filo continuando a mescolare con la frusta abbastanza energicamente per non formare grumi.
Continuate a cuocere fino a che la salsa non comincerà ad addensarsi ed avrà un aspetto vellutato ed omogeneo.
Togliete dal fuoco ed aggiustate di sale, pepe e noce moscata, quindi aggiungete la panna e mescolate bene. La salsa sarà fluida e vellutata.
Sistemate la salsa sulla base di cocottine monoporzione.
Aggiungete 3/4 canederli a testa ed irrorateli con sulla superficie con la bechamel.
Mettete in forno a gratinare per una decina di minuti, nel frattempo rosolate la pancetta in una padella antiaderente, che sia bella croccante.
Una volta fuori dal forno, distribuite la pancetta sulle cocotte, decorate con fiori di borragine e servite immediatamente.

Agnello al finocchietto
Leila Capuzzo – Il profumo dell’acqua
Da: Erbe spontanee a tavola – Slow Food Editore

2018-05-05 11.22.08

per 4-6 persone

1.5 kg di agnello da latte (oppure di costolette di agnello)
3 mazzetti di finocchietto selvatico
2 spicchi di aglio
2 foglie di alloro
1 rametto di timo
1 bicchiere di vino bianco secco
olio extravergine di oliva
sale

Tagliate l’agnello in pezzi di medie dimensioni senza disossarlo (per le costolette lasciarle intere) e rosolatelo in padella a fuoco moderato con l’olio, l’aglio sbucciato e leggermente schiacciato, il timo e l’alloro.
Quando la carne avrà preso un bel colore sfumate con il vino e lasciate evaporare. Incoperchiate il tegame, abbassate la fiamma, regolate di sale e cuocete per una mezzora circa aggiungendo a più riprese piccoli quantitativi di acqua calda, rigirando la carne e controllando che non si attacchi al fondo del tegame.
Lavate il finocchietto in acqua fresca, sgocciolatelo e tagliatelo a pezzetti di quattro o cinque centimetri, unitelo alla preparazione e proseguite la cottura per altri 30 minuti circa continuando ad allungare con acqua calda non appena il fondo sembra asciugarsi troppo.
Quando la carne sarà diventata tenera spegnete la fiamma e lasciate riposare la pietanza coperta per un quarto d’ora prima di servire.
Il tempo di cottura può variare con la dimensione dei pezzi di carne soprattutto se si tratta di costolette.
Servite accompagnandolo con piccole rondelle di scalogno glassato.

Branzino con rösti all’ortica
Giuliana Fabris – La Gallina Vintage
Da: Diane Dittmer – In cucina con le erbe selvatiche – Red

filetto di branzino e rosti di patate e ortiche

Per 4 persone

Per la salsa:
½ cipolla
1 noce e mezza di burro
1 cucchiaio di farina
200 ml di latte
200 g di panna liquida fresca
1 cucchiaio abbondante di senape di Digione all’antica (quella coi semi di senape)
1 cucchiaino di zucchero
sale, pepe

Per il rösti:
3 manciate di cime di ortica (circa 60 g)
½ cipolla
500 g di patate a pasta soda
1 cucchiaino di semi di finocchio
1 uovo
2 noci e mezza di burro
sale, pepe di Cayenna

Per il pesce:
600 g di filetti di branzino
Il succo di 1 lime
1 noce di burro
2 cucchiai di olio d’oliva
sale, pepe
Preparate la salsa facendo appassire la cipolla tritata finemente nel burro, unite la farina setacciata e lasciatela rosolare quindi versate latte e panna e fate sobbollire dolcemente qualche minuto mescolando continuamente finchè si ispessisce poi aggiungete la senape, il sale e il pepe, mescolate e tenete in caldo.
Passate al rösti. Munitevi di guanti e staccate le foglie delle ortiche dallo stelo aiutandovi con una forbice, lavatele velocemente, sgrondatele dall’acqua e tritatele grossolanamente.
Pelate la cipolla e tritatela finissimamente.
Sbucciate anche le patate, lavatele e asciugatele, poi grattugiatele con la grattugia a fori grossi raccogliendole in una capace ciotola, aggiungete le ortiche, l’uovo intero, il trito di cipolla, pestate i semi di finocchio nel mortaio e uniteli al composto, salate, pepate e mescolate accuratamente il tutto.
In una piccola padella antiaderente fondete il burro e quando è spumeggiante versate un poco di composto di patate, schiacciatelo aiutandovi con una spatola di silicone o con il dorso di un cucchiaio e componetelo in uno strato uniforme più o meno rotondo. Fatelo rosolare qualche minuto poi, se scuotendo la padella si stacca dal fondo senza problemi, giratelo e fate dorare il rösti anche dall’altro lato.
Una volta pronto, fatelo scivolare su un piatto e tenete in caldo. Procedete allo stesso modo fino ad esaurimento dell’impasto di patate.
Ora lavate e tamponate i filetti di branzino con carta da cucina, salateli e pepateli leggermente, massaggiandoli delicatamente. Con la pinzetta apposita eliminate con cura ogni eventuale lisca.
Scaldate burro e olio, unite i filetti di pesce e fateli dorare prima dal lato senza pelle per 3 o 4 minuti in modo che coloriscano, poi girateli e terminate la cottura, irrorateli col succo di lime e serviteli immediatamente accompagnati dal rösti e dalla salsina.
Se vi piace, decorate il piatto con un ciuffetto di ortiche fresche.

Gelatina di fiori di tarassaco
Manuela Valentini – … profumi e colori …. 
Da: Erbe Spontanee a Tavola – Slow Food Editore

Manuela Valentini - gelatina di tarassaco (1)

Per 3 vasetti

250 g di fiori di tarassaco
1 kg di zucchero
2 limoni non trattati

Lavate a lungo i fiori di tarassaco che devono essere raccolti al mattino quando sono ben aperti. Trasferite i fiori in una pentola con 1 litro d’acqua e i limoni tagliati a spicchi.
Portate a bollore e cuocete a fiamma bassissima per 20 minuti.
Spegnete il fuoco, filtrate bene ed eliminate i fiori. Pulite le fette di limone dalla parte interna (si stacca facilmente) mantenendo solo la buccia esterna.
Mettete il liquido filtrato e le bucce di limone in una pentola, aggiungete lo zucchero e cuocete per 1 ora abbondante. Ogni tanto controllate la consistenza della gelatina: prelevate un cucchiaio di gelatina e versatelo su un piattino raffreddato e inclinato, se scivola lentamente aderendo al piattino è pronta, in caso contrario prolungare la cottura.
Togliete le bucce di limone e mettetele su un piattino a raffreddare, poi riempite i barattoli riscaldati con la gelatina e chiudete ermeticamente, capolvogeteli e aspettate che si raffreddino. Raffreddati controllare che si sia creato il sottovuoto.

Una gelatina ottima su una fetta di pane, ma anche accompagnata a formaggi freschi o stagionati, con carni d’agnello o maiale. Le bucce di limone saranno dei meravigliosi canditi.

 

Pavlova alle fragole con panna acida alla nepitella
Katia Zanghì – Katia Zeta
Liberamente tratto da: Diane Dittmer – In cucina con le erbe selvatiche – Red

Pavlova 1

Per 6 persone

Per la composta e lo sciroppo:
10 g di nepitella
1 melagrana
20 g di zenzero
100 g di zucchero di canna
250 g di fragole
1 cucchiaio di amido di mais
1 mango maturo

Per le Pavlova:
4 albumi
1 pizzico di sale
1 cucchiaio di succo di limone
200 g di zucchero
1 cucchiaio di amido di mais

Per la panna acida aromatizzata:
250 g di panna
200 g di panna acida
100 ml di sciroppo di nepitella

Per le Pavlova, accendete il forno a 190 °C. Montate a neve gli albumi con il succo di limone ed un pizzico di sale, aggiungendo a poco a poco lo zucchero, finché non si sarà formato un composto lucido. Setacciate sugli albumi l’amido di mais e incorporatelo delicatamente con una spatola.
Dal composto ricavate sei sfere, posizionatele su una placca rivestita di carta da forno e schiacciatele al centro, formando una specie di avvallamento. Abbassate la temperatura del forno a 100°e infornate le Pavlova (sulla griglia in basso) per un’ora e 40 minuti. Poi aprite leggermente lo sportello del forno, che andrà spento, e fatele raffreddare lentamente .
Nel frattempo,tagliate la melagrana a metà e spremetela con un grosso spremiagrumi. Sbucciate e grattugiate finemente lo zenzero. In un pentolino portate ad ebollizione il succo di melagrana con lo zenzero, lo zucchero e la nepitella. Mettete da parte il decotto e far macerare per trenta minuti.
Intanto, nettate le fragole e tagliatele in pezzi. Passate il decotto di melagrana attraverso un colino a maglie sottili e stufateci le fragole per cinque minuti, coperte. Sciogliete l’amido di mais in tre cucchiai di acqua fredda, aggiungetelo alla composta e riportate il tutto ad ebollizione mescolando,poi fate raffreddare mettendo il pentolino in acqua fredda.
Sbucciate il mango, tagliatene la polpa a dadi e uniteli alla composta raffreddata.
Per la panna acida aromatizzata,montate la panna, mescolate la panna acida con lo sciroppo e unitela alla panna montata.
Servite le Pavlova accompagnandole con la composta e la panna acida.

11 comments

Quakeonthelake 20 Maggio 2018 - 11:47

Grazie fantasticiquake on the lake

Mila 18 Maggio 2018 - 10:44

Mi sono persa cercando di immaginare il sapore di alcuni di questi piatti che mi sembrano deliziosi!!!

PATRIZIA MALOMO 17 Maggio 2018 - 18:04

Sono incantata da questa selezione di ricette. La conoscenza delle erbe spontanee è qualcosa che purtroppo non si può improvvisare. Spesso è frutto di conoscenza tramandata dalle nostre madri o nonne e solamente se sei figlia “di campagna”.
Io ho avuto la fortuna di lasciare Milano quando ero piccola e crescere nella campagna Toscana. Mia madre conosce molto bene alcune tra le più comuni a partire dai diversi tipi di cicoria, il lollo spontaneo che qui è chiamato ceciarello, il crespino, la malva, l’ortica e la borragine, il tarassaco (che lei chiama piscialletto). Siamo cresciute con mangiate di frittate con i germogli di luppolo, che lei chiama “Vitappie”, raccolti arrampicandoci su siepi di more ed abbiamo trascorso interi pomeriggi ad inseguire l’asparagina che ci indicava il nascondiglio dell’asparago selvatico. Mi rifaccio alle parole di Edvige qui sopra e capisco la frustrazione di non poter reperire con facilità questi doni della natura. Purtroppo credo che il luogo in cui si vive ed il retaggio culturale siano alla base di questa conoscenza e poco si può fare se non andare a caccia di erbe in campagna con qualche amico appassionato. Per il resto, credo che questo articolo serva soprattutto a non dimenticare il valore di questi ingredienti ed a farne un uso fantasioso se si ha la fortuna di trovarli. Grazie infinite per avermi coinvolta.

Mapi 18 Maggio 2018 - 11:07

Intanto cara Patty io ti ringrazio per esserti fatta coinvolgere. 🙂
Hai ragione, la conoscenza non si improvvisa… mia mamma conosce molte erbe che crescono in Sicilia, avendo vissuto in campagna da piccola; alcune erbe che lì abbondano (ruchetta selvatica, qualeddra, portulaca, che noi chiamiamo purciddana) lì sono comuni e le so distinguere anch’io. Le altre purtCalendario del Cibo Italiano, ma una volta o l’altra lo devo fare.
Un abbraccio!

Kika 29 Maggio 2018 - 12:30

Io ho la fortuna di conoscere un esperto di ere spontanee che ogni tanto mi porta per i prati della valle Imagna e mi fa conoscere tutte quelle piante che la sua mamma usava in cucina tanti anni fa.
Ho anche avuto la fortuna di partecipare al master organizzato dal Calendario del cibo italiano e di cogliere, nel parco sotto casa, tante altre erbe che non conoscevo.
Secondo me, guardando un po’ quello che calpestiamo nei prati, potremmo trovare tanti tesori. Ovvio che chi vive in campagna può raccogliere e mangiare con più tranquillità, ma anche in città, in posti più riparati si può trovare tanto.

edvige 17 Maggio 2018 - 15:24

Mapi scusami dirai che sono sempre la solita rompi…ma, mi darai atto che leggo tutte le news ma ovviamente per quel che vale lascio un commento solo se a parte l’interessante argomento, può anche non essere importante per me o al di fuori . Qui invece devo dire che è facile parlare di erbe spontanee, selvatiche, ecc. quando si possono trovare o da soli se puoi avere una campagna o altro a portata di mano, oppure qualcuno che le vende…molto raro. A Trieste una volta dall’altopiano carsico arrivavano le contadine con i loro meravigliosi proddoti coltivati da loro, latte delle loro mucche e formaggi. Ora non ci sono più e gli eredi o hanno venduto oppure fatto giardino oppure un piccolo orticello ad uso personale. Quello che arriva all’ortolano viene da fuori ed in base alla richiesta in loco. Boraggine…questa sconosciuta (io so mangiata), ortica – utopia, silene che cosi chiamata nessuno sa cos’è da noi è lo “sclopit” in altre regioni il nome cambia ma l’italiano “silene” se non guardano con google non sanno di che si parla. L’aglio nero non è un prodotto naturale nel senso che si raccoglie cosi ma lo si ottiene attraverso un processo di fermentazione dei bulbi e conferisce loro anche il doppio di antiossidanti biodisponibili nel classico aglio fresco. Qui a Trieste mai visto nemmeno dall’ortolano che vende un pò le cose diciamo nuove come l’aglio orsino di cui quasi nessuno sa che esiste. Eh si poco alla volta si apprenderà ma per la conoscenza diretta ci vorrà del tempo non sono molti quelli che scavano come me quando qualcosa non sa di cosa trattasi. Podragraria o girardina silvstre un infestante e mal voluta dai giardinieri si fatica a debellare assomiglia vagamente al sedano mai vista. La menta diciamo poco conosciuta come nepitella, ecc. Scusami MAPI volevo solo far presenta che purtroppo le possibilità cittadine a meno che non vivi o nelle grandi città o nelle piccole ai piedi di qualche bosco, monte o anche mare per il resto è tutto un mistero. Ottime le ricette qualcuna mi piace in modo particolare ma potro’ scegliere in base agli ingredienti che troverò qui. Pensa che gli aromi che puoi acquistare freschi in vasetto sono salvia, basilico, rosmarino in prevalenza e qualche volta il timo. Trovi in agraria ma come sementi ma te le devi coltivare. Buona giornata MAPI scusa il commento che so puoi benissimo anche eliminare e fallo se ti sembra poco appropriato.

Mapi 18 Maggio 2018 - 11:02

Ma quale eliminare, cara Edvige? Ti ringrazio invece!
Io in effetti ho la tua stessa difficoltà: vivo in città e dall’ortolano al massimo trovo il tarassaco. Un paio di anni fa erano spuntate un paio di ortiche in uno dei miei vasi in balcone, avevo avuto una mezza idea di lasciarle e di usarle per qualche risotto, ma 2 erano troppo poche e il vaso mi serviva, così ho finito con l’estirparle.
Però io abito vicino al parco di Monza, e lì l’aglio orsino cresce in distese odorose, così come vi crescono un sacco di altre piante di cui farei incetta, se solo le sapessi riconoscere.
devo dire che a questa rubrica collaborano blogger da tutta Italia, e tutte hanno raccolto le erbe usate: chi aveva il giardino pieno zeppo di podagraria (e ha confermato che è infestante 🙂 ), chi ha fatto una passeggiata nei boschi e trovato il silene e il tarassaco…
Purtroppo non c’è tanto mercato per questi sconosciuti prodotti, sicché non li troviamo dall’ortolano. Noi volevamo contribuire a incrementare la domanda: chissà che in un futuro non troppo lontano, tornino a far capolino i venditori di erbe selvatiche?
Un abbraccio e grazie per il tuo bel commento. <3

Lara 17 Maggio 2018 - 12:15

oh quei canederli me li sognerò la notte… tutte ricette splendide ma ho un animo alpino e i canederli mi toccano proprio li’

Mapi 17 Maggio 2018 - 10:37

Io DEVO frequentare un corso per riconoscere le erbe selvatiche: voglio provare tutte queste ricette, nessuna esclusa!

Sonia 17 Maggio 2018 - 10:33

Fantastiche!!! Avete tutta la mia amministrazione :))))))

Anna Laura Mattesini 17 Maggio 2018 - 10:23

Meraviglioso, tutte ricette strepitose, ma i canederli sono della Patty sono stratosferici!

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