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CUCINE SERIALI: THE CROWN

by Alessandra
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Che questi siano anni in cui le serie TV dominano indiscusse i palinsesti televisivi e non è innegabile, e lo si vede dall’enorme successo dei canali tematici ad esse dedicati e dalla nascita i canali di distribuzione quasi interamente dedicati a loro (come Netflix e Amazon Prime Video).

Qui all’MTC non possiamo certo ignorare questa nuova passione, che contagia anche gran parte della nostra community. Per questo, ci siamo fatte in quattro (vabbè, diciamo in tre) per parlarvi di una delle serie più popolari di questi ultimi anni, “The Crown” (che va anche splendidamente a nozze con la nuova sfida sull’afternoon tea), analizzata in tutte le sue sfaccettature.

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La sceneggiatura e il cast (Giulia Robert)

“The Crown” ha un solo indiscusso artefice: il suo sceneggiatore, Peter Morgan, già noto per avere sceneggiato il film “The Queen” e la piece teatrale “The Audience”, sempre incentrati sulla figura della Regina Elisabetta II.
Sulla carta, quindi, mi sarei aspettata che una tale attenzione alla regal storia nasconde un fiero sostenitore della monarchia inglese e della sua più amata regina; al contrario, Morgan in alcune interviste la definisce “una donna dall’intelligenza modesta”, parla della Corona anglosassone come di “una istituzione che rasenta la pazzia” e paragona la sua serie tv più al Padrino che a Downton Abbey, poiché parla in buona sostanza “di una famiglia al potere e della sua sopravvivenza”.
In realtà, guardando la serie, si nota fin da subito (e sempre più nella seconda stagione) che Morgan affronta l’argomento in modo distaccato, senza ossequi ed inchini che risulterebbero stucchevoli, ma con uno sguardo lucido, alle volte persino impietoso, sulla Regina (ritratta come una donna di scarsa cultura, che avrebbe preferito i cavalli e i cani da caccia al Regno), e sulla sua famiglia, raffigurando un marito fedifrago (una illazione – o meglio, a quanto pare più il segreto di Pulcinella- che ha fatto alzare un bel polverone in terra d’Albione) o una sorella disperatamente bisognosa di attenzioni e di fama.
E qui, il paradosso, perché è proprio un ritratto così inclemente di personaggi così amati a rendere questa serie semplicemente magnetica: si vedono grandezze e debolezze, facciata e realtà, immenso onore e peso gravoso della Corona, ancor più quando si posa inaspettata sulla testa di una venticinquenne che tutt’altri programmi aveva in serbo per sé e la sua famiglia. Onestamente da quando ho cominciato a guardare questa serie, mi chiedo cosa possa pensare la Regina di questa narrazione, anche se pare che non ci siano mai state dichiarazioni, né pro né contro, da parte sua o della Famiglia Reale.
Di sicuro Morgan è stato bravissimo a cucire fili narrativi che tengono incollati allo schermo gli spettatori, nonostante la serie tratti di vicende alle volte più che note ed apparentemente prive di appeal. Non sarà stato affatto facile selezionare con tagli chirurgici le vicende di un regno pluriennale e per giunta tempestato di avvenimenti, storici e personali. Eppure ce l’ha fatta, riuscendo a costruire una storia che dà il senso dei primi anni del Regno di Elisabetta, senza scendere troppo nel particolare ma senza rimanere troppo generico, e per questo ha la mia stima.

Allo stesso modo non deve essere stato per nulla semplice cercare degli attori che dessero corpo a personaggi così universalmente noti: si potevano cercare dei (quasi) sosia, o tentare di costruire la fisicità dei regnanti su quella degli interpreti principali, a colpi di trucco ed effetti speciali. Invece la scelta è stata diversa: sono stati individuati degli attori che, seppur nell’aspetto non fossero così somiglianti ai loro corrispettivi in carne ed ossa, ne sapessero tuttavia incarnare l’essenza. Così Claire Foy (che è almeno cento volte più bella della Elisabetta di allora) dà corpo e, soprattutto, espressione, al contrasto interiore di una donna diventata regina troppo presto, combattuta fra l’onore e l’onere, un conflitto che spesso emerge nei frequenti e subitanei mutamenti di atteggiamento e di sguardo. Del giovane Filippo, Matt Smith incarna il fare guascone, i modi schietti e scanzonati, così come la bravissima e raggiante Vanessa Kirby ben esprime il sentire da “seconda scelta” che vorrebbe essere sotto le luci della ribalta, e insieme quella malinconia pungente di chi non può sempre vivere come vorrebbe.
Questa serie, che non a caso ha guadagnato fin da subito un successo strabiliante di pubblico e di critica, è riuscita a compiere due miracoli: se il primo è quello di incollare allo schermo il telespettatore quanto e più di un thriller mozzafiato, il secondo è senza dubbio far vivere e rivivere il fascino, i modi, le pose, gli sguardi e i sorrisi della Famiglia Reale, facendo dimenticare a tutti che si tratta di attori che interpretano un personaggio. Inquadratura dopo inquadratura, gli attori si spogliano del loro ruolo e fanno appieno il loro mestiere, diventando i personaggi stessi, grazie anche ad un meccanismo perfetto di sceneggiatura, abiti, locations, luce, regia e fotografia: ogni più piccolo dettaglio viene studiato e reso alla perfezione, riuscendo così a dipingere minuziosamente un quadro storico e soprattutto umano in cui la sceneggiatura fa da cornice, naturalmente di pregio.

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Regia e fotografia (Susy May)

“The Crown must win, must always win”.
Con questo monito si presenta la serie tv targata Netflix che ci racconta le vicende della Royal Family britannica.
Come accade quasi sempre, il rapporto tra regia e fotografia è un rapporto legato a doppio filo, si può tranquillamente affermare che il regista è la mente ed il direttore della fotografia il braccio.
Nel caso di The Crown, il rapporto fotografia/regia parte invece dallo sceneggiatore, nonché ideatore della serie tv, Peter Morgan.
Le idee vengono messe in pratica con una fotografia colorata ma dai toni sommessi, con giochi di luce fredda che sottolineano quella palpabile rigidità, più necessaria che naturale del protocollo reale.
Non basta quindi buttare giù una sceneggiatura impeccabile, serve saper concretizzare le intenzioni e trasformarle in emozioni visive proprio attraverso la fotografia e The Crown, ci riesce perfettamente, non a caso è una delle serie TV dal taglio cinematografico più importante degli ultimi tempi.
Nonostante il contesto storico dal quale spesso è difficile uscire, The Crown si racconta sul piano personale con commisurata compostezza, senza trascendere mai del tutto o sdilinquirsi.
L’idea di base è raccontare il punto di vista della corona e non soltanto di un personaggio come la Regina, ma il potere, che esso esercita sulle loro vite, sulla nazione e sulle persone.
E per meglio capire quanto sia forte il senso di appartenenza alla corona, The Crown, lo fa attraverso i dettagli dello sguardo di sua maestà, che ci appare innocente e sottomessa nella prima stagione e poi ligia e matura nella seconda, come se Elisabetta si fosse spogliata della propria identità umana, per diventare la “Corona” stessa.
Ecco quindi la necessità di utilizzare una fotografia reale, pulita, priva di sbavature che si riflette in inquadrature volutamente strette e statiche nei primi piani, quanto però ricche di particolari e regalità affidandosi ad una pregevole ricostruzione delle location.

The Crown Season 1

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Location e colonna sonora (Marta Calugi)

Chi non ha provato ad immaginarsi i salotti, le stanze private ed il tè elegantemente servito alla corte britannica? The Crown ce le mostra assieme a molto altro, facendoci immerge nelle reali stanze e dimore del regno più famoso d’Europa. Se interpreti e costumi non fossero sufficienti da soli a definire Corona e corte della Gran Bretagna, il quadro dipinto dai lussuosi ed imponenti palazzi colloca in maniera inequivocabile i nostri personaggi. Le grandiose stanze, che fanno da cornice al racconto, pur nella loro maestosità restano sullo sfondo, piegandosi al volere di scena. Luminose nelle occasioni di banchetti e feste, più opache nelle private stanze, dove si riesce ad intravedere il lato umano e le debolezze della Regina e della famiglia reale. Il racconto, non solo ci porta all’interno di Lancaster House, che per l’occasione si presta a simulare gli sfarzosi interni di Buckingham Palace, ricchi di dipinti e ritratti di famiglia, ma anche nel rifugio scozzese dei reali britannici: il Castello di Balmoral, rappresentato da Ardverikie House, baronale casa scozzese del XIX secolo.
La narrazione supera in alcuni episodi i confini dell’algida Albione e mostra allo spettatore alcune nazioni del Commonwealth che offrono paesaggi più luminosi e meno rigidi degli ambienti reali.

Se le location dipingono lo sfondo, la colonna sonora originale a cura di Rupert Gregson-Willians è senza dubbio uno dei pilastri portanti della serie, la sua trama melodica e le componenti ritmiche vengono affidate a delle brevi sinfonie dove gli archi svolgono il ruolo principale. Le musiche seguono il ritmo lento ma mai noioso del telefilm. Ecco che dialogano perfettamente con le atmosfere della corte reale più influente del ventesimo secolo, mantenendo un equilibrio costante anche nei momenti in cui la tensione è palpabile. Tuttavia la vera forza dei temi musicali che accompagnano la serie si può ritrovare nell’evocazione di tutti quei sentimenti messi a tacere dal “sense of duty” della Corona, quando i dialoghi si fermano a pochi e rigorosi scambi di parole è la musica che svela il non detto dei personaggi.

The Crown si conferma essere un prodotto di altissima qualità, confezionato a regola d’arte e con queste premesse, dopo le prime 2 stagioni, siamo certi che ne vedremo delle belle.
God Save The Queen.

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 In Cucina con The Crown: è l’appendice ad una disamina più teorica, perchè comunque anche i ricchi mangiano e a Buckingham Palace e dintorni non risulta che facciano eccezione. Anzi, se proprio dobbiamo trovare un difetto a questa serie altrimenti perfetta, è la pressochè totale assenza di qualsiasi riferimento al cibo. Un peccato più che veniale, se si considera che almeno due piatti sono storicamente legati alla Regina Elisabetta: uno è il Coronation Chicken, inventato in occasione della sua incoronazione da Constance Spry e da Rosematy Hume e l’altro sono i Drop Scones, la cui ricetta autografa si trova a Windsor Castle, per gli eletti e nel nostro Crepe is the New Black per il resto del mondo. Oltre all’immancabile Afternoon Tea, protagonista, quello, del confronto fra Elisabetta e Jackie Kennedy, con la prima che si ingozza di scones sottolineando con quello la sua vittoria sulla rivale (per la serie, posso anche fregarmene della dieta, a differenza tua che sei aggrappata al personaggio che ti hanno cucito addosso i tuoi amati Kennedy), ci saremmo anche aspettati un riferimento al gin tonic, quanto meno nelle scene che riguardano la Regina madre (rigorosamente un Gordon’s). Sappiamo anche che Elisabetta II è attentissima ai menu, che vaglia personalmente,due volte alla settimana, anche quando non ci sono ospiti e che diventa quasi maniacale in occasione dei ricevimenti ufficiali: l’ultimo sguardo alla sala del banchetto è sempre il suo ed è, naturalmente, quello più importante e più temuto. Filippo è una buona forchetta, la Regina invece è molto più parca e regolare, ma non per questo non golosa: Twining’s prepara per lei da anni una miscela esclusiva di Earl Grey che la accompagna anche nei suoi viaggi, le piacciono i cornflakes a colazione, ha un debole per il cioccolato (Charbonnel Et Walker) e lo champagne, che beve prima di addormentarsi, ogni sera. Il materiale abbonda, insomma e chissà che gli sceneggiatori non pensino ad un The Crown in versione rovesciata, girato tutto nei piani bassi delle diverse residenze: le ispirazioni non mancherebbero e noi saremmo incollati ugualmente allo schermo…

3 comments

edvige 13 Marzo 2018 - 16:31

Sono curiosa confesso non sapevo niente ma devo rimediare. Buona giornata

FranciCarloni 13 Marzo 2018 - 16:16

io non l’ho ancora vista, ma certo che mi avete messo addosso una bella curiosita’!

Perladarsella 13 Marzo 2018 - 9:16

Mi son gustata le prime due serie e sono in attesa del seguito, curiosa di vedere come risulterà il cambio degli attori.
Per mio interesse personale ho osservato l’oggettistica di tavola (piatti, serviti da tè ecc.) e ho notato la cura con cui son preparate le tavole, sia quelle delle cene di gala che quelle dei tè (ne ricordo almeno tre).
Quando poi ho visto che il valletto che va a svegliare re Giorgio e lo trova morto aveva sul vassoio una teiera uguale alla mia… 😀

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