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MTC n. 50 – Giù la toque!: Dario Bressanini all’MTChallenge!!!

by FranciCarloni

E’ il nostro Hervé This, ma decisamente  più figo.
E’ l’idolo di tutti i “dummies” del mondo, il loro prezioso alleato, il solo che riesca a riscattare i tuoi 4 di chimica ai tempi del liceo grazie ad una meringa perfetta o a un soufflé che non si ammoscia.  
I suoi libri, in vetta alla classifica, ci danno la speranza che non tutto sia perduto, nel misterioso mondo di chi pubblica i libri di cucina e ancor più di chi li acquista
I suoi post ci schiariscono la mente, ci ampliano gli orizzonti, ci illuminano le giornate- e hai voglia a spiegare che quello che stai leggendo rapito è un articolo che parla di chimica e non di come sposare Richard Gere giovane e vivere felici.
Gli abbiamo chiesto la formula, ce l’ha svelata.
Gli abbiamo chiesto una parola, ci ha regalato l’intervista che segue: colta, precisa, puntuale, profonda- eppure lieve, ironica e garbata, come tutto quello che porta la sua firma.
Popolo dell’MTC :-), giù la toque e questa volta fino ai piedi, per Dario Bressanini e le sue considerazioni sul burro e la sfoglia!

MTC: Giochiamo da subito a carte
scoperte, anche se l’argomento è da trattare con diplomazia e diciamo che siamo
fra quelli che hanno gioito davanti al primo piano del ricciolo di burro sulla
copertina del Times di qualche tempo fa. A turno, la nostra sfida ha celebrato
tanti ingredienti della nostra tradizione, considerandoli alla luce della loro
funzionalità, all’interno della ricetta: come dire, liberi di farne a meno, ma
se per anni si è fatto così, un motivo ci sarà e neppure tanto sbagliato. Ma
sul burro, le resistenze sono ancora fortissime. Noi dilettanti usiamo le
argomentazioni che ci sono suggerite dal buon senso (mangiane poco) e dalla
soddisfazione del piatto che riesce. Ma ora che abbiamo il conforto del
Chimico, non possiamo certo lasciarci sfuggire l’occasione. E quindi: perché è
importante il burro, nella sfoglia del croissant?
Il burro è importante in qualsiasi
tipo di sfoglia, perché grazie all’impasto “geometrico” e ordinato, con le
varie pieghe, si creano degli strati sempre più sottili di pasta, elasticizzata
dal glutine, separati dal grasso contenuto nel burro. In un impasto “caotico”
tradizionale il glutine forma un reticolo in tre dimensioni, in tutto il volume
dell’impasto. Possiamo vedere il burro nella sfoglia come un modo per impedire
la formazione del glutine in una specifica dimensione. Durante la cottura il
grasso del burro si scioglie, venendo assorbito dalla farina, liberando così lo
spazio tra i vari fogli. In più l’acqua presente nel burro, evaporando,
fornisce un po’ di effetto “lievitante”.
MTC: I Francesi che, tanto per
cambiare, lo fanno meglio, hanno preso l’abitudine di indicare sulle confezioni
di burro le loro destinazioni d’uso: così, una massaia d’oltralpe che decide di
preparare i croissants, può andare a colpo sicuro, semplicemente leggendo le
indicazioni. E noi Italiani? Tutto il burro che troviamo in commercio è uguale
o ci sono prodotti più indicati per una preparazione piuttosto che per
un’altra? E, se sì, come facciamo ad accorgercene?
I francesi hanno, per esempio, il
burro salato e quello non salato, quindi è fondamentale non confondersi. A
parte questo, quello che conta di più, oltre al sapore ovviamente, è la
percentuale di grassi, che però è abbastanza costante, a patto di non prendere
burri “leggeri”, che non hanno nessun senso in pasticceria. In Italia non
abbiamo mai avuto una forte tradizione di produzione di burro da consumo
fresco, ed è per questo che la maggior parte del burro italiano è prodotto per
affioramento, quindi mediamente di peggior qualità rispetto al burro da
centrifuga. (Nel lontano 2007 avevo scritto un lungo pippone sulla questione http://bressanini-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/2007/12/05/affioramento-o-centrifuga/
)
Se è da centrifuga solitamente è
scritto sulla confezione. Questo non garantisce che il burro sia buono, ma c’è
qualche probabilità in più rispetto al burro “sottoprodotto” della produzione
del formaggio, come è tipicamente quello da affioramento, o, ancora peggio, lo
“Zangolato”.
MTC: Il suo blog è stato uno dei
traini più significativi della divulgazione scientifica applicata alla cucina,
in un terzo Millennio in cui finalmente anche i grandi maestri spiegano i loro
segreti, alla luce della chimica e della fisica. Una delle conseguenze che
hanno coinvolto anche quanti cucinano per passione è stata la diffusione di
ingredienti fino a qualche tempo fa riservati solo agli addetti ai lavori,anche
se non sempre supportata da una adeguata chiarezza nella spiegazione del loro
utilizzo. Questo vale anche per il burro, che oggi conosciamo anche come
“chiarificato” e “anidro”. Può spiegarci, una volta per
tutte, le loro proprietà e quindi dove è meglio utilizzarli?
La cosa migliore per capire le
funzionalità e le proprietà di un ingrediente complesso è, come spesso si fa
nella scienza, un approccio “riduzionistico”: l’ingrediente è la somma delle
parti. Quasi sempre è un buon modo di vedere le cose (nel libro lo faccio
parlando dell’uovo come somma di tuorlo e albume, per esempio). Il burro è
composto, mediamente, dall’80-82% di grassi, il 10-15% di acqua, il resto
lattosio e proteine, con tracce di sali e vitamine. Quando usiamo il burro in
una ricetta, spesso stiamo in realtà sfruttando una specifica proprietà di uno
o due delle varie componenti. Per esempio, quando lo usiamo, morbido o fuso,
per impastare, stiamo usando l’acqua contenuta per produrre glutine. Se lo
usiamo freddo, per una frolla, stiamo usando la parte grassa per ricoprire i
granuli di amido e proteggerli dall’acqua quando aggiungeremo l’uovo, riducendo
la formazione di glutine, e così via.
Quindi, il burro “chiarificato” è
solo la parte grassa. Niente acqua, lattosio e proteine. Non ha quindi quasi
sapore, perché quello derivava dal lattosio, dalle proteine (che in cottura
partecipano alla ormai stranota reazione di Maillard) e dalle sostanze
aromatiche disciolte in acqua. Serve principalmente per friggere ma può essere
anche utilizzato in pasticceria. Se ci pensate è analogo (anche se le proprietà
chimiche sono diverse) allo shortening (vedi dopo) omnipresente nella cucina
americana: un grasso prevalentemente saturo e senza acqua. Per usarlo in
pasticceria basta ricordarsi che non contiene acqua e quindi non forma glutine
negli impasti. Ha ovviamente poco senso usarlo in ricette dove è prevista
l’aggiunta di un liquido acquoso contestualmente al burro, ma in altre ricette
può portare a consistenze diverse.
Il burro “anidro” invece, come dice
il nome, è stato privato della sola acqua, ma le proteine sono rimaste.
Mantiene quindi la capacità di brunire i prodotti e di dare l’”aroma di burro”.
È però un prodotto professionale e non si trova al dettaglio al supermercato. Tutto
sommato non è indispensabile per chi a casa si diletta in pasticceria. Anche
lui non contribuisce a formare glutine. Se avete una ricetta che lo prevede
assolutamente, cercate di capire che funzione ha in quella ricetta, e perché è
insostituibile. Non è detto che serva assolutamente. A volte, specialmente in
ricette di pasticceri famosi, si usano ingredienti per professionisti non
strettamente indispensabili. Magari lo potete sostituire con del burro di
cacao, sicuramente più reperibile.
MTC: Veniamo all’essere o non essere
di tanti pasticceri: burro o margarina, per una sfoglia perfetta?
Prima bisogna intendersi sul termine
“margarina”. Lasciando perdere quelle (ormai quasi scomparse, e meno male)
proveniente da parziale idrogenazione di oli, nella pasticceria professionale
si usano a volte dei grassi, non provenienti dal latte, ottenuti per
frazionamento di grassi prevalentemente saturi di origine vegetale. A volte
anche da oli totalmente idrogenati, ma l’idrogenazione totale non comporta
problemi. Solo quella parziale. Queste “margarine” hanno dei punti di fusione e
delle proprietà, a seconda di quale frazione di grassi è stata separata, che
possono essere utili al pasticcere professionista (che infatti le usa anche se
preferisce non farlo sapere perché molte persone sono ancora ferme alle
margarine parzialmente idrogenate). La pasticceria americana, per esempio, fa
un largo uso di “margarine”. Lo “shortening” per esempio è un ingrediente
usatissimo, per esempio per fare la base di molte pies. È una sorta di
margarina completamente satura e priva di acqua. I risultati migliori, se si
vuole una crosta che sia “a scagliette” come dovrebbe essere quella di una vera
Apple Pie, si deve usare un grasso come lo shortening. Però per reintrodurre il
buon sapore del burro si usa, nelle migliori ricette, una miscela di shortening
e un 10-20% di burro. Non è una vera sfoglia ma è simile, e questo mostra come
la composizione possa, e debba variare a seconda dell’utilizzo e del gusto
personale. Io la classica sfoglia la preferisco col burro ma non lancio anatemi
se qualcuno usa una miscela di burro e una buona (sembra un ossimoro ma non lo
è 😉 ) margarina. A volte in Italia la margarina è stata usata per questioni di
facilità di lavorazione, specialmente al Sud, dove le temperature più alte
rendevano più difficile lavorare la sfoglia o altri tipi di basi con il burro.
Mi ricordo ancora lo stupore nel trovare la margarina tra ingredienti dei
cannoli e altri dolci della celeberrima Maria Grammatico a Erice.
A livello chimico fisico la
struttura microscopica data alla sfoglia dal burro e dalla margarina è diversa
(per tutta una complicata questione della diversa forma dei cristalli del burro
e della margarina). Certo è che il sapore del burro cotto è insuperabile,
quindi se per la vostra sfoglia preferite usare la margarina, “contaminatela”
con del burro.
MTC: Finora abbiamo parlato solo di
ingredienti, ma sappiamo che le tecniche sono importanti quasi tanto quanto: di
nuovo, a noi lo insegna l’esperienza o “la nonna ha sempre fatto
così”, ma è evidente che le ragioni dei gesti debbano ricercarsi in
principi di scienza. E allora: perchè mai c’è un limite massimo dei giri che si
devono fare, per ottenere una sfoglia perfetta? 
Uhm, confesso che non ci avevo mai
pensato. Potrei sbagliarmi ma credo sia dovuto al fatto che il numero di strati
di una sfoglia aumenta esponenzialmente con il numero di pieghe effettuate. Un
po’ come quando pieghiamo successivamente in due un foglio di carta. Alla prima
piega abbiamo due fogli sovrapposti. Alla seconda quattro, alla terza otto e
così via. Dopo x piegature abbiamo 2^x fogli. In una sfoglia il numero di
strati aumenta ancora più rapidamente effettuando le pieghe a tre o a quattro.
Poiché ogni volta si riporta il panetto ad avere lo stesso spessore, aumentando
il numero di strati, lo spessore di ogni strato diminuisce esponenzialmente.
Sia dello strato di farina che quello, alternato, di burro. Dopo un certo
numero di volte gli strati sono già troppo sottili e rischierebbero di
rompersi e collassare tra loro con delle ulteriori piegature. Quello che non
so, perché non ci ho mai provato, è se il numero tipico di pieghe che si
effettuano è già il numero massimo. Magari è possibile una torta
“diecimilafoglie”, chissà 🙂


MTC: Ultima domanda. Siamo fra quelli
che hanno consumato il suo ultimo libro “La Scienza della
Pasticceria”: c’è chi lo ha comprato “caldo” al Festival della
Scienza, chi lo tiene sul comodino, chi lo recita a memoria, al grido di “Bressanini
non lo dice”. Nel nostro futuro ci sarà un secondo volume a breve- o
dobbiamo solo aspettare che si aprano le porte della Neuro?

Hehehe 🙂 E pensare
che nella versione originale che avevo pensato del libro c’erano 40 pagine in
più, dove completavo la “teoria generale delle torte”, che nel libro è rimasta
monca, parlavo dei diversi tipi di amidi e altre cose, comprese alcune ricette
che avrebbero dovuto esserci. Uno dice “ma cavoli, perché c’è la frolla montata
e non la frolla classica?”. E ha perfettamente ragione. Ma l’editore all’inizio
non credeva che un libro così anomalo di scienza e pasticceria avrebbe venduto.
Ci sarà un secondo volume, con quello che ho lasciato forzatamente fuori dal
primo, e in più  ampio spazio al
cioccolato, con varie altre cose. Ma non trattenete il fiato perché prima di
due anni non se ne parla, perché il mio prossimo libro di Scienza in Cucina per
un attimo mette da parte la pasticceria ed entra in cucina. Stay tuned.

I libri di Dario Bressanini

  • OGM tra leggende e realtà. Chi ha paura degli organismi geneticamente modificati?, Zanichelli, 2009, ISBN 88-08-06241-4
  • Pane e bugie (Reverse), Milano, Chiarelettere, 2010, ISBN 88-61-90091-7
  • I giochi matematici di fra’ Luca Pacioli. Trucchi, enigmi e passatempi di fine Quattrocento (La scienza è facile), edizioni Dedalo, 2011, ISBN 88-22-06823-8
  • Le bugie nel carrello, Milano, Chiarelettere, 2013.
  • La scienza della pasticceria. La chimica del bignè. Le basi, Gribaudo, 2014, ISBN 88-58-01230-5
  • Contro natura. Dagli OGM al «bio», falsi allarmi e verità nascoste del cibo che portiamo in tavola, Rizzoli, 2015.

il blog di Dario Bressanini
Scienza in cucina

17 comments

Anna Lisa 16 Settembre 2015 - 14:28

Lo ammetto: leggendo mi sentivo proprio tra i banchi dell'università a lezione con il "professorone". E lo confesso: ho preso persino appunti!
Un'intervista straordinaria!

Rosy 15 Settembre 2015 - 22:27

Che bella sorpresa questa intervista, qui nell'MTC. Seguo Dario Bressanini sul suo blog quando posso. Mi piace che la scienza, il ragionamento, la conoscenza prevalgano sul tramandato ma sbagliato e quindi cerco di imparare. Da un bel pezzo si è provato che la terra è tonda e che il sale nell'albume non serve per montarlo 🙂 eppure…Ultimamente ho seguito gli articoli sulla soia. Molto interessanti. Ve li consiglio.

Sara B 15 Settembre 2015 - 15:27

Sempre ammirato, dai tempi di foodpairing ma anche ben prima… credo di avere tutti i suoi libri tranne quello dei giochi matematici, e rimedierò: sono golosa di matematica. Bellissima ed utilissima intervista!

MTChallenge 15 Settembre 2015 - 13:46

Che goduria! Vengo sempre nel suo blog a leggere e prendere ispirazione! Grazie

elena 15 Settembre 2015 - 13:29

Bressanini è sempre un mito, il suo ultimo libro l'ho acquistato a Torino …fingendo di regalarlo al marito. Intervista memorabile, traspare tutta la simpatia e la competenza da ambo le parti… complimenti!

tamara cinciripini 15 Settembre 2015 - 13:00

Oh mamma mia ! Ho letto l'intervista tutto d' un fiato e non posso che essere "innamorara" di tanta "scienza"…. ho sempre mantenuto una certa distanza dalla pasticceria proprio perché non amo la chimica e le sue complicate regole. ..ma spiegate dal "mito" Bressanini è solo un immenso piacere !!! Grazieeeeee

Dario Bressanini 15 Settembre 2015 - 12:25

Grazie, mi fate arrossire 🙂

Tamtam 15 Settembre 2015 - 12:10

Francy tu sei il mio mito ancora più di Bressanini, ci regali le interviste che non troviamo da nessuna parte…splendida, mi piace 🙂

MTChallenge 15 Settembre 2015 - 11:49

Bressanini è un faro che rischiara la nebbia delle ca…voltate che si leggono in materia di cibo, intolleranze & c.
Se non ci fosse bisognerebbe inventarlo.
Visto che c'è, è imperativo leggerlo.
E magari farsi invitare a cena da lui. 😉

Scherzi a parte, lo ringrazio tantissimo per la disponibilità che ha dimostrato, per questa splendida intervista e per l'ottimo lavoro che svolge da anni.
E già che ci sono ringrazio pure la nostra Fracy, intervistatrice d'assalto!!!! 😀

MTChallenge 15 Settembre 2015 - 9:57

E dunque un grande grazie è d'obbligo sia a Dario Bressanini che alla Francy, per averci regalato un'intervista così chiara e precisa…. sarei ora curiosa di sapere effettivamente cosa ne pensa Dario dello shortening, poichè è inevitabile, la migliore delle crust per pie Americane vuole lo shortening, PUNTO! In ogni caso sono tra quelli dell'MTC che tiene il suo libro sul comodino…e ne son felce….

MTChallenge 15 Settembre 2015 - 9:14

se non avessi letto con assiduità il blog di Bressanini anni fa probabilmente non avrei nemmeno aperto il mio. E' uno degli autori che ho sempre pensato dessero un senso a questo mondo virtuale.

Fuoco Bio 15 Settembre 2015 - 8:05

mito tutti e due, il Bressanini e la Francy.
grazie!
davvero interessantissimo.

Cristina Galliti 15 Settembre 2015 - 7:51

'AZZ!!! è consentito? dummy sì ma non ero ancora una Bressanini addict…..ve possino!! ordino subito il libro, ok mi avete convinta, mi dedico scientificamente alla pasticceria, peggio per voiiiiiiiii :-))))
scherzi a parte, grazie Francesca e grazie al maestro Dario Bressanini, bell'intervista!!
Cristina

elemoon 15 Settembre 2015 - 7:47

L'invidia per chi ha portato avanti l'intervista si sente? Personaggio notevole,ironico, sperimentatore. .mi piace tantissimo. .così come questa chiacchierata; )

MTChallenge 15 Settembre 2015 - 7:45

Un'intervista davvero entusiasmante.. e mi chiedo come diavolo sia possibile che io "La scienza della pasticceria" non ce l'ho! Male, moooolto male!!

Ora ho capito un sacco di cose.. e chissà quante altre potrei finalmente scoprirne!

Dani 15 Settembre 2015 - 7:22

Un uomo un mito. E il mio punto di riferimento in questo mondo in cui tutto sembra fare male ed essere cancerogeno. Dovrebbero mettere l'obbligo di lettura dei suoi libri prima di lasciarti aprire un blog!!!
Anche da questo post una grande lezione, sono curiosissima di approfondire la questione del "totalmente idrogenato" che non fa male, tutte le volte che leggo qualcosa di suo finisco col scardinare piccole convinzioni. Questo dovrebbe farci riflettere su quanta ignoranza c'è intorno al tema del cibo (e considerando ultimamente quanto se ne parla, è tristemente ironico).
Grazie al mio guru Dario Bressanini, grazie a Francesca per la splendida intervista, grazie MTC…

perladarsella 15 Settembre 2015 - 7:22

Un uomo, un mito! Specialmente per una come me che vuol sempre sapere il perché delle cose.
Avessi avuto un professore così, avrei apprezzato anche la chimica, ai tempi.

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