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MTC n. 33: Colazione da Me: il Gallo Pinto costaricano

by MTChallenge

Gallo pinto costarica

di Eleonora Colagrosso- Burro e Miele
È
sempre una festa in casa quando lo faccio. Per i miei figli più grandi,
nati in quel paese centroamericano, è un po’ come una madeleine di
Proust, quel qualcosa che ti porta indietro nel tempo e ti fa perdere
tra i ricordi.
Succede
un po’ anche a me, soprattutto con l’aroma dei fagioli neri che
sobollono, senza più condimento che aglio e origano, perché pur non
essendo un piatto di famiglia, laggiù ci ho vissuto 18 anni e ci ho
lasciato un pezzo di me. E qualcosa in più.
Esistono
tante ricette di gallo pinto, come persone che lo preparano, con la
costante dei fagioli neri, il riso, e il coriandolo fresco. C’è chi lo
prepara più umido, chi preferisce il riso quasi scotto e a chi, come me,
piace asciutto, quasi tostato, come si usa mangiarlo al nord del paese,
nella regione del Guanacaste.
Anche
gli accompagnamenti variano. Il gallo pinto infatti non si mangia mai
da solo. L’uovo è l’accompagnamento principe insieme a una panna acida
molto densa, ma c’è chi lo mangia con grandi e spesse fette di lardo
fritto, pane, tortillas, grosse banane verdi fritte e persino una specie
di stufato di carne bovina, cotto in salsa di pomodori e tanto altro
ancora. In alcuni ristoranti tipici, la lista dei contorni di un gallo
pinto è lunghissima e variatissima. Quello che non cambia è ciò che si
beve con questa colazione. Caffè. Litri e litri di caffè assolutamente
di produzione locale. Qualsiasi costaricano storcerebbe il naso davanti a
un’alternativa.
In
quanto alla sua origine, anche se il riso e fagioli è una costante
latinoamericana, Costa Rica e Nicaragua si contendono la paternità del
piatto e del nome; nonostante il gallo pinto nicaraguense si faccia con
fagioli rossi, la ricetta è in pratica identica.
È
stata Patricia Vega, una storica e investigatrice dell’Università del
Costa Rica a porre fine all’incertezza, seguendo i passi del gallo pinto
tradizionale per trovarne l’origine.
Secondo
il suo lavoro d’investigazione, il gallo pinto sarebbe nato tra il
diciottesimo e il diciannovesimo secolo sulla costa atlantica del Costa
Rica, specificamente nelle piantagioni di banane dove lavoravano sia
costaricani che nicaraguensi. Questi ultimi impararono a elaborarlo e lo
fecero proprio, esportandolo al loro paese.
Il
romanzo storico “Mamita Yunai” di Carlos Fallas, ambientato nelle
piantagioni di banane negli anni trenta e pubblicato nel 1941, è il
primo documento scritto in cui si parla del gallo pinto, proprio come
alimentazione base dei lavoratori.
Il
fatto che sia proprio sulla costa atlantica a essere nato, fa pensare a
origini africane ancora più remote, importato in America dagli schiavi
che si stabilirono nelle Antille e arrivato poi ai caraibi
centroamericani, probabilmente dagli schiavi che costruirono la linea
del treno dalla costa atlantica fino a San Josè, la capitale.
L’origine
africana spiegherebbe la ragione per la quale in tutta la costa
atlantica americana esiste un piatto con base di riso e fagioli, con
altri nomi, caratteristiche e presentazioni come il rice en beans in
Jamaica, Moros con cristianos a Cuba, Congri a Porto Rico e Repubblica
Dominicana, Tacu Tacu in Perù, Calentado Paìsa in Colombia o Guacho a
Panama, per citarne alcuni.
Ma
dal Costa Rica al Nicaragua e poi a tutta l’america centrale, il gallo
pinto è la colazione del popolo lavoratore, dei contadini soprattutto,
con lo stesso nome, con fagioli diversi, ma le stesse caratteristiche
fondamentali e procedimento di esecuzione.
Ma perché si chiama gallo pinto?
Prima
di tutto devo spiegarvi che gallo pinto vuol dire letteralmente gallo
maculato, gallo con macchie. Gallo, inteso come animale; ma gallo, in
Costa Rica, vuol dire anche una tortilla non tostata con qualsiasi tipo
di cibo dentro e ripiegata in due.
Detto questo, vi sarà più facile capire le diverse ipotesi dell’origine del nome.
La
prima teoria e la più probabile è che poiché originalmente si mangiava
in una tortilla e non in un piatto, era un “gallo”, non un gallo nero
come quello di fagioli soli, ma maculato, per la presenza del riso.
gallo pinto costarica
La
seconda possibilità descritta da Patricia Vega nella sua ricerca fa
invece riferimento al gallo come animale. Il gallo pinto, una razza
comune e maculata è considerato il più feroce del cortile e visto che
all’epoca le battaglie di galli erano molto popolari, il nome potrebbe
derivare dal fatto che mangiare questo gallo pinto avrebbe dato più
forza che gustarne uno di soli fagioli.
Poi,
come per tutto in Costa Rica, c’è anche la narrazione tradizionale.
Narra una legenda del 1930, che il nome del piatto ebbe origine a San
Sebastiàn, un quartiere rurale di San José. Un ricco proprietario
avrebbe invitato moltissima gente a festeggiare a casa sua il giorno del
patrono protettore San Sebastiàn, annunciando che per l’occasione
avrebbe sacrificato un gallo pinto che aveva fatto ingrassare per vari
mesi. Fu tanta la gente che accettò l’invito che il gallo non bastò per
tutti, per cui le cuoche dovettero ingegnarsela a mettere insieme il
riso e fagioli rimasti in cucina per servire da mangiare a tutti gli
assistenti alla festa. Ovviamente la gente non la prese molto bene e nei
giorni successivi fecero beffa di questa ricca famiglia domandandosi
gli uni agli altri “hai mangiato il gallo pinto di don Bernabé?”,
malgrado sapessero tutti che avevano ricevuto solo un piatto di riso e
fagioli. Da allora, la mescolanza di riso e fagioli avrebbe preso il
nome di gallo pinto, propagandosi poi in tutto il paese e anche
all’estero.
Con
pochi fagioli, con tanti, umido come un risotto o tostato come un riso
cantonese, il gallo pinto è ancora oggi il simbolo culinario più tipico
del Costa Rica. L’ideale, come si fa in campagna, è farlo con il riso e i
fagioli avanzati dal giorno prima. Ricordiamo che riso e fagioli sono
la base dell’alimentazione latinoamericana, quindi sono sempre proni e
sempre disponibili in tutte le case. Personalmente, quello che faccio è
semplicemente cucinarli un giorno in anticipo.
Lo faccio così:
Gallo pinto
(per 4-6 persone)
300 g di fagioli neri, messi in ammollo in acqua per 12 ore
200 g di riso americano a chicco lungo (assolutamente non parboiled)
4 spicchi d’aglio
origano
olio di mais
1 cipolla rossa
mezzo peperone verde o rosso
1 mazzo di coriandolo fresco
sale
1 uovo a testa (anche due)
panna acida densa
Per
cuocere i fagioli, si mettono in acqua con solo due degli spicchi
d’aglio e origano abbondante, senza sale. Si fanno cuocere a fuoco molto
lento, fino a che saranno morbidi, ma non stracotti.
Per
il riso, mettere un filo d’olio sul fondo di una pentola dal fondo
spesso, mettere il riso e coprirlo con il suo peso in acqua salata.
Questo vuol dire che se usate 200 g di riso, userete 200 ml di acqua e
così via. Accendete il fuoco più basso possibile e coprite la pentola
fino a che l’acqua sia completamente assorbita. Un leggero scoppiettio
vi avvertirà, ma leggero, perché se troppo vivo, il riso sarà già
bruciato. Lasciate riposare il riso almeno due ore, anche se l’ideale
sarebbe usarlo il giorno dopo.
La
cipolla, il peperone, il coriandolo e il resto dell’aglio, si tritano
fini, ma grossolanamente e si soffriggono nell’olio fino a che la
cipolla diventi trasparente. Si aggiunge il riso e lo si fa tostare e
asciugare bene, dopodiché si aggiungono i fagioli, sia ben scolati, sia
con un po’ della loro acqua di cottura, dipende dal gusto di ognuno. Io
li metto scolati totalmente. Mischiare bene il riso e i fagioli,
aggiustare di sale se necessario, e far cuocere un po’ fino a che il
riso cominci ad attaccarsi alla padella.
Servire subito, con uova e panna acida.

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