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MTC n. 62 – Che mangino macaron! Storia di Maria Antonietta e dei macaron

by Alice

Da Sofia Coppola in poi ce la immaginiamo capricciosa, voluttuosa e intenta ad addentare macaron.
Ma Marie Antoinette – regina giovanissima e sfortunata – fu realmente così? E soprattutto: ebbe davvero la fortuna di gustare i preziosi dolcetti alle mandorle?

macaron coppola

 

Per scoprire l’arcano abbiamo di nuovo scomodato Marina Minelli, che già ci venne in soccorso ai tempi della sfida sulla pizza, svelandoci i retroscena della vita di Margherita di Savoia.

Marina, cosa puoi raccontarci dell’origine dei macaron? Risalgono davvero all’epoca di Maria Antonietta?

Il termine compare nei testi alla metà del Seicento, ma non si riferisce al macaron come lo conosciamo oggi, bensì a dei semplici biscotti a base di mandorle, albumi e zucchero, molto simili ai nostri amaretti e serviti singolarmente, senza farcitura.
Una traccia di questi antesignani del moderno macaron rimane ancora oggi nei macaron di Montmorillon, semplici biscotti a base di pasta mandorle, e in quelli di Nancy, che assomigliano molto agli amaretti, appunto. Nancy, tra l’altro, è la città che ne rivendica la paternità, in base a una leggenda legata a due suore che avrebbe pagato l’ospitalità loro offerta sfornando centinaia di questi biscotti.

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Macaron di Montomorillon. Foto da qui.

 

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Macaron di Nancy. Foto da qui.

 

Perché era così diffuso l’uso delle mandorle, in Francia?

Fu la nostra Caterina de’ Medici a introdurle nella cucina e nella pasticceria francese, insieme a ingredienti e a piatti che avrebbero fortemente condizionato i cuochi d’Oltralpe per i due secoli successivi. Sebbene ultimamente si tenda a ridimensionarne la portata e a liberare il campo da alcune leggende create ad arte nei secoli successivi, che la regina fiorentina e il suo seguito di cuochi abbiano avuto questo ruolo è innegabile. E le mandorle rientrano nel suo “dono nuziale” alla Francia.

Un contributo italiano sembra confermato anche dal nome macaron, giusto?

Esatto. Il termine macaron deriva dall’italiano maccheroni, che a quei tempi indicava una sorta di gnocchi di pasta fresca. È evidente che lo si utilizza in riferimento alla forma, più che agli ingredienti: lo stesso La Varenne, nel suo Le cusinier François dice che i biscotti dovevano essere fatti “a forma di maccheroni”.

E come si arriva al macaron oggetto della nostra sfida?

Il macaron universalmente conosciuto, quello di Ladurée, per intenderci, è il cosiddetto macaron di Parigi, solo il più illustre dei tanti tipi di macaron oggi esistenti. Si diffonde a partire dalla fine dell’Ottocento, anche se la vulgata attribuisce a Pierre Desfontaines (nipote Louis-Ernest Ladurée, fondatore dell’omonima casa) la trovata di accoppiarli e farcirli con ganache, intorno al 1930. Il ripieno con crema al burro, invece, risale al periodo successivo alla Seconda Guerra Mondiale.

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Qual era il ruolo di questi biscottini, allora, alla corte di Luigi XVI e Maria Antonietta?

Teniamo presente che feste e banchetti erano il perno attorno cui ruotava tutto il regno di Luigi XVI. A partire dal Re Sole, e fino alla tragica fine del regime imposta dalla Rivoluzione, la residenza dei sovrani era a Versailles, un regno nel regno, dove la nobiltà veniva intrattenuta e occupata tra balli, cerimonie e pasti raffinatissimi. Così impegnati, i riottosi aristocratici diventavano inoffensivi, mentre il re poteva portare avanti la sua azione di governo.
Non solo: poter assistere ad ogni momento della vita del re e della regina era considerato un grande onore e un impegno imprescindibile per la nobiltà. I momenti di vita privata del re diventavano appuntamenti che scandivano le giornate dei cortigiani: il Grand Couvert , per esempio, – il pasto principale del re e della regina – costituiva il momento più importante di tutta la giornata, a cui i nobili assistevano come spettatori curiosi e grati.

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Grand Couvert. Foto da qui.

 

E come si inseriva Maria Antonietta in questo cerimoniale di corte?

Fu sempre ribelle e insofferente e per questo si rese invisa alla corte. Durante il Gran Couvert, di solito, non toccava cibo, altro che ingozzarsi di pasticcini! (Dei quali, comunque, sembra che fosse molto golosa).
Di stirpe tedesca, proveniente da una monarchia dove le leggi dell’etichetta non soffocavano totalmente la spontaneità, Maria Antonietta mal sopportava di sottomettersi a cerimonie che spettacolarizzavano ogni momento della vita dei sovrani: tutto avveniva come in un teatro, sotto gli occhi un grande pubblico che pagava questo privilegio con l’appoggio alla monarchia.
La giovane Maria Antonietta non capì che, rifiutando questo sistema, metteva in discussione – e in crisi – il potere del suo malleabile marito, che non sarebbe stato in grado di imporsi altrimenti.

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Ma riuscì effettivamente a sottrarsi a questo “mondo dell’apparenza” che era Versailles?  E a che prezzo?

Il suo rifugio era il Petit Trianon, il complesso di giardini ed edifici all’interno di Versailles che diventò il suo regno personale, dove nessuno poteva introdursi. Amava stare lì, lontana dal grande circo della corte, ma ne pagò care le conseguenze: l’aristocrazia si vide privata di quella regina che chiedeva solo di ammirare e, sentendosi rifiutata, la prese in odio.
A Versailles, inoltre, è stato istituito un percorso turistico chiamato Domaine de la Reîne, che permette di visitare il palazzo del Petit Trianon con i giardini, le fontane e il piccolo borgo costruito per Maria Antonietta. E c’è da scommettere che sia l’itinerario preferito dai turisti, ancora di più dopo il film di Sofia Coppola, che ha riportato in auge il mito di una regina che non ha ancora finito di dispiegare il suo fascino.

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Il Petit Trianon a Versailles. Foto da qui.

 

Già. Tanto che il carisma di Marie-Antoinette ha fatto presa anche sui raffinatissimi epigoni dei suoi pasticceri: la Maison Ladurée, infatti, nel 2014 ha dedicato un macaron a questa icona dell’Ancien Régime. Un guscio azzurro cielo (azzurro Tiffany, direbbe qualcuno) racchiude un ripieno candido, che profuma di tè neri indiani e cinesi, con petali di rosa, agrumi e miele. Chi non vorrebbe essere rappresentata così?

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Foto da qui.

 

6 comments

Mai Esteve 1 Febbraio 2017 - 9:51

Grazie di questo bel articolo Alice, !
Ho sempre pensato, che Maria Antoniete, fosse stata una di quelle donne nate nel posto svagliato e nel momento SVAGLIATO… ma il dolce dedicato a lui è azzecatissimo!

besos

Marina 31 Gennaio 2017 - 18:25

Belissimo articolo ! Lo sto Traducendo in serbo (parlato con la capa 😊)

cristina galliti 31 Gennaio 2017 - 10:29

che delizia di articolo! Grazie per la condivisione

alice 31 Gennaio 2017 - 17:02

E’ stato bello intervistare di nuovo Marina Minelli! 🙂

FedeB 31 Gennaio 2017 - 9:45

Bellissimo articolo!
maria antonietta mi ha sempre affascinata, sin dalla prima volta che l’ho vista comparire sui miei libri di storia alle elementari. Scoprirne un altro pezzetto ancora mi ha fatto molto piacere!

alice 31 Gennaio 2017 - 17:01

Grazie Federica! Invece per me Mari ANtonietta sarà per sempre associata alla Stella della Senna e al Tulipano Nero! 😀

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