Home mtc 60 tapas MTC 60 – Profumi spagnoli: Erbe e spezie di Spagna

MTC 60 – Profumi spagnoli: Erbe e spezie di Spagna

by Eleonora
spezie di spagna

Immagine dal web

Quando si torna da un viaggio in Spagna, e la prima cosa che ci manca e’ la varietà dei sapori autentici della sua gastronomia. Impossibile rimanere indifferenti al profumo della paella profumata di zafferano, a volte cotta per strada, o al gusto del puplo alla gallega, intriso di olio d’oliva e di pimentón de la Vera.

Le erbe aromatiche e le spezie sono da tempi immemorabili ingredienti indispensabili di una cucina chiaramente influenzata dagli aspetti culturali e sociali che il Paese ha vissuto durante la sua storia: gli apporti stranieri, dei popoli ora colonizzatori, ora colonizzati e quelli che derivavano dai commerci sul mare. Ne è risultata  una gastronomia ricchissima e variata con piatti che sono stati plasmati dalla diversità culturale e dal clima delle regioni, donando al palato un ventaglio infinito di possibilità, mai deludente.
Impossibile immaginare l’arte culinaria iberica senza timo, aglio o rosmarino, o priva di peperoncino, zafferano e paprika, condimenti sempre usati in equilibrio tra uso e abuso, in modo che non sostituiscano mai il vero sapore degli alimenti, ma semplicemente lo ravvivino, in un modo capace di sorprenderci ogni volta.

Adesso, vorrei che immaginaste di essere con me, in viaggio tra San Sebastián e Almería, tra Huelva e Valencia, passando per Madrid e Sevilla, tra bar de tapas, posadas e mesones, immersi nei colori, aromi e sapori di erbe e spezie, fermandoci un attimo anche a La Vera del pimentón e La Mancha dello zafferano.
Mi seguite?

ERBE E SPEZIE DI SPAGNA

Azafrán Manchego
(Zafferano della Mancha)

Immagine dal web

Immagine dal web

Lo zafferano è originario dell’Asia Minore ed era già coltivato in tempi molto antichi. Quando si sono espansi verso occidente, gli Arabi importarono l’ az-afran (letteralmente, il giallo) in Spagna, più di 1000 anni fa e attualmente si coltiva sull’altopiano castigliano più del 70% della produzione mondiale.
Ogni anno ad ottobre i fiori del crocus sativus si aprono durante la notte, e l’aurora da’ luce a un mantello lilla. In quest’epoca, da Toledo fino ad Albacete c’è tutto un costante e frenetico movimento intorno alla spezia più cara del mondo.

Lo zafferano si deve raccogliere in un giorno, perché se no i preziosi pistilli perdono il loro inconfondibile sapore. La raccolta, infatti, dura dieci giorni scarsi; dieci giorni in cui i contadini piegano la schiena per raccogliere i fiori tra il pollice e l’indice. È compito delle donne separare i pistilli che alla fine si tostano su un setaccio. Una volta per questo fine era usato il carbone vegetale, oggi, invece, si adopera il gas.
Per ottenere un solo grammo di zafferano, sono necessari circa duecento fiori e la produzione media di un’impresa familiare ascende a otto libbre castigliane (una libbra castigliana equivale a 460 grammi). Per le famiglie contadine l’oro rosso della Mancha è sempre stato un fondo di risparmio e, una volta secco, da tempi immemorabili, si conserva negli armadi tra le lenzuola e in tempi andati, si usava come moneta.

Il tempo di raccolta da vita ai bianchissimi villaggi della Mancha. La Fiesta de la Rosa del Azafrán di Consuegra è il momento più culminante dell’anno Ai piedi dei nivei mulini contro i quali Don Chichotte lottava, i contadini celebrano la raccolta l’ultima domenica di ottobre, con musica, cibo e balli ed eleggono la ragazza più bella che, in onore all’amata di Don Chichotte, prende il nome di Dulcinea de la Mancha.
Lo zafferano ha un sapore che può variare dall’amaro, all’acido o al dolce, e possiede note terrose e pungenti che ricordano vagamente il miele. Quello spagnolo tende ad essere più sapido, a contrario di quello iraniano, il più dolce in assoluto. Deve il suo colore al carotenoide chiamato crocina e l’ aroma e sapore metallico simile al miele, ai componenti fitorganici safranale e picrocrocina. Già gli antichi Sumeri lo apprezzavano in cucina, in medicina e come colorante per tessuti.

Pimentón de la Vera
(Paprika di La Vera)

Immagine dal web

Immagine dal web

Dal suo secondo viaggio nelle Americhe, Cristoforo Colombo portò con se dei peperoncini e li diede ai sovrani Ferdinando e Isabella, nel Monastero di Guadalupe. Si dice che il terribile sapore lascio’ i sovrani senza respiro. Tuttavia, questa repulsione del re e la regina, non impedì che i monaci distribuissero i nuovi frutti ai fratelli dell’ordine e il peperoncino non tardò a diffondersi per tutta l’Extremadura, e poi nel resto del paese.

Ciò nonostante, il pimentón, la polvere di peperoncino piccolo e rosso, non fu preso realmente in considerazione nella cucina spagnola fino al secolo XVII.
Il miglior pimentón spagnolo si produce ancora oggi a La Vera, al nord di Extremadura, poco lontano dall’orto conventuale in cui si piantarono i primi semi più di 500 anni fa. È la zona più fertile del centro della Spagna e questi peperoncini trovano le condizioni ideali nei terreni bagnati dal fiume Tiétar, dove il clima è dolce e le precipitazioni, sufficienti. In questa zona, gli agricoltori coltivano diverse varietà di Capiscum annum, con diversi gradi di piccantezza.

Gli agricoltori seminano a marzo e raccolgono tra settembre e novembre. Famiglie intere partecipano alla raccolta, la quale si fa tutt’ora a mano.
Una volta raccolti, i peperoncini si fanno essiccare al fumo. Per produrre un chilogrammo di pimentón, ce ne vogliono circa cinque di legna di quercia. Nessun altro tipo di legna può essere utilizzato, se si vuole che il prodotto abbia quel particolare e caratteristico sapore.
I peperoncini vengono collocati ancora freschi e interi su una griglia di legno, a 2,5 metri di distanza dal fuoco. Una volta al giorno, il contadino si avvicinerà all’essiccatore  per cambiare posizione ai peperoncini.

La fase di essiccazione dura tra i 13 e i 15 giorni, dopodiché si portano a piccoli mulini locali, dove sono privati dei peduncoli e parte dei semi, non tutti, poiché il loro contenuto oleoso contribuisce alla consistenza finale del pimentón.

Il pimentón de La Vera si commercializza in scatole di latta, nelle sue varianti dolce, agrodolce e piccante. È imprescindibile in moltissime preparazioni di salumi, a cominciare dal famoso chorizo e il lomo, e in piatti come la paella e il polpo alla gallega, per citare i più popolari.
Anche a Murcia si produce questa polvere rossa, ma i peperoncini vengono essiccati al sole. Un’altra varietà si produce alle Baleari, ma con diverse specie di peperoncino.

Pimientos del Piquillo

Immagine dal web

Immagine dal web

Piccoli, piccanti e intensamente rossi, questi peperoncini sono lunghi otto centimetri. Da crudi, data la loro amarezza, non promettono grandi piaceri gastronomici, eppure gli spagnoli hanno l’acquolina in bocca solo al sentirne parlare.
I pimientos del piquillo crescono in Navarra, sul suolo sabbioso della Ribera del Ebro e si commercializzano in conserva, una volta arrostiti alla legna, sbucciati e privati dei semi. Tutto questo lavoro si fa ancora a mano e per questo si tratta di un prodotto abbastanza caro.

Arrostiti direttamente sulle braci di un fuoco a legna, i pimientos del piquillo perdono come per magia tutto il loro sapore amaro, diventando un vero piacere per il palato. Sono infatti passati sulle braci ardenti fino a che la loro pelle annerisca completamente, ma la polpa conservi il suo delicato sapore. A continuazione, sempre a mano e delicatamente, vengono privati della pelle, del peduncolo e dei semi. Una volta perfettamente puliti, vengono messi in conserva, sia a pezzi, che interi da poter farcire.
Le note affumicate donate dal fuoco a legna e il loro carattere decisamente piccante, fanno che armonizzino alla perfezione con i frutti di mare, il pesce e i funghi.

Pimientos del Padrón

Immagine dal web

Immagine dal web

In Galizia non esistono latifondi infiniti come in Castiglia e Anadalucía. In questa regione predomina ancora il concetto dei piccoli poderi familiari e l’economia di sussistenza.
Il terreno è diviso in migliaia di parcelle, molte delle quali non arriva a misurare un ettaro. Sono diversi i prodotti dell’orto che arrivano sulle tavole spagnole procedenti da questa regione, ma i più apprezzati come autentiche prelibatezze, sono sicuramente i pimientos del Padrón. La coltivazione di questi piccoli e verdissimi peperoncini, da da vivere a circa duecento famiglie delle cittadine di Pardón ed Hebrón, situate al sud di Santiago.

Ma c’è da fare attenzione. Il detto è « Los pimientos del Padrón, unos pican y otros non », che significa che alcuni sono piccanti, e altri no. Succede che, in mezzo a questi peperoncini delicati e aromatici, se ne può nascondere uno diabolicamente piccante. Non esiste un vero metodo per riconoscerli in mezzo agli altri, anche se alcuni sostengono che quelli piccanti siano più appuntiti e di un colore meno brillante, da crudi. Oltre a far esplodere la bocca e riempire gli occhi di lacrime, quell’unico peperoncino piccante, fa diventare la persona a cui capita, l’oggetto di risate e scherzi da parte degli altri commensali.
Questi aromatici peperoncini servono spesso da contorno di piatti di pesce, o si servono con salumi e, nei bar, semplicemente come tapas. In questo caso, si friggono interi in olio d’oliva e si spolverizzano di sale grosso.

El Ajo de la Mancha
(L’aglio della Mancha)

Immagine dal web

Immagine dal web

« Non mangiare né aglio né cipolle, perché dall’afrore non si riveli la tua origine » consigliava don Chichotte a Sancho Panza.
Come Cervantes, molti autori, sia spagnoli che stranieri hanno qualificato l’aglio come cibo da poveri. Nel secolo XIV, Alfonso di Castiglia proibiva l’entrata a palazzo a chiunque avesse sentore di aglio. E ancora nel 1920, in uno scritto sulla cucina spagnola, lo scrittore Julio Camba, manifestava che la società spagnola fosse « piena di aglio e pregiudizi religiosi ».

Questi tempi però sono ormai passati, l’aglio, il pane e l’olio d’oliva formano un triangolo su cui si basa tutta la cucina spagnola. « Ci sono molte cucine spagnole » diceva il critico Xavier Domingo « Ma tutte hanno un solo comune dominatore: l’aglio ».
La consumazione d’aglio degli spagnoli arriva a un chilogrammo e mezzo a persona e in una regione in particolare, La Mancha, la coltivazione del allium sativum rappresenta una buona fetta dell’economia.
La capitale dell’apprezzatissimo aglio viola è Las Predoñeras, una località della Mancha dove ogni anno, a fine settembre, si tiene una gran fiera dell’aglio. Le aziende familiari hanno campi di circa quattro ettari in media, e ognuna produce intorno ai 24.000 chilogrammi di aglio all’anno. il Brasile è il maggior importatore, di quasi 15.000 tonnellate annue.

Questa è l’unica zona agricola del paese che non soffre del gran esodo verso le città in cerca di nuove opportunità, i giovani preferiscono rimanere a lavorare nei campi dei loro genitori.
Mentre la Cina minaccia il loro mercato con la quantità, Las Predoñeras si difende con la qualità e con un prodotto che la industria alimentare sviluppa costantemente. Nuovi prodotti e nuove confezioni sono concepite in maniera costante, come denti d’aglio in olio d’oliva ed erbe o spezie, o tutta una gamma di salse e condimenti di alta qualità.

Bibliografia:

  • The book of Spice, John O’Connell
  • The Contemporary Encyclopedia of Herbs and Spices, Tony Hill
  • Un Paseo Gastronómico por España, Culinaria Köneman
  • Dispense di « Historia de la gastronomía Española e Iberoamericana, de l’antigüedad a la modernidad », Corso I, II e III, Universidad de Panamá, Specializzazione in Comunicazione del cibo, 1996. Professor Oscar Daniel Barrera.

5 comments

Katia zanghì 7 Ottobre 2016 - 19:40

Finalmente capisco perchè lo zafferano costa tanto ! Grazie mille, Eleonora.

veronica 7 Ottobre 2016 - 14:37

attendevo questo post …io che credevo che la ricetta del mese fossero proprio le spezie …
amo le spezie usate nel modo giusto come il peperoncino ( ho un freezer pieno 🙂 ) , curcuma , zafferano, origano rosmarino ….
le spezie hanno qualcosa di magico e usandole ti senti un po’ una streghetta
post bellissimo
grazie

Silvia 7 Ottobre 2016 - 11:58

Mia madre, di León al confine con la Galizia, ci farebbe colazione con el pimentón!

Mai 7 Ottobre 2016 - 11:23

Eco Ele, hai detto settembre ottobre e novembre,… E adesso il momento di farci un giro nella spagna profonda!! Sai come sarebbe bello!!
GRazie di cuore per come racconti le cose!
E viva el ajo!!!

Manu 7 Ottobre 2016 - 9:37

Eleonora non posso che ringraziarti per tutta la tua passione e competenza sulle spezie che ci regali in questo splendido post
Io amo le spezie ma sono molto a livello basico come conoscenza, le uso senza abusarne perché ho solo da imparare
Grazie un abbraccio Manu

Comments are closed.

Ti potrebbero piacere anche...