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MTC 55: IL BRODETTO VIEN DAL MARE… MA COME?

by Acquaviva





Il brodetto e la consapevolezza alimentare: intervista ai responsabili dell’Istituto per gli Studi sul Mare

L’Istituto per gli Studi sul Mare, con sede presso l’Acquario
Civico di Milano, è un ente che promuove la ricerca, la conoscenza e la tutela
della biodiversità marina e si propone di creare consapevolezza pubblica sul
tema del rispetto dell’ambiente marino.
Parlando di brodetto si sono accese alcune curiosità in merito
al consumo del pesce in Italia e tre docenti dell’Istituto si sono resi disponibili
a parlarne con MTC: l’istrionico prof. Roberto Di Lernia, ex docente di
Biologia Genetica alla Facoltà di Medicina dell’Università di Milano e “naturalista
itinerante”, l’enciclopedico prof. Angelo Mojetta, biologo marino e
divulgatore scientifico, e il dinamico dott. Emilio Mancuso, responsabile dei
progetti di campo dell’Istituto.

il prof. Di lernia, il dott. Mancuso e il prof. Mojetta durante l’intervista

Sentendo citare il “boreto” prende subito la parola Roberto
Di Lernia, raccontandoci che il piatto nasce in una stagione ricca, dal punto di
vista della salute dei mari: le reti si riempivano di una grande varietà di
pescato e per il brodetto si utilizzavano tutte, scegliendo di solito gli
esemplari sotto-taglia oppure quelli danneggiati dalla rete, che quindi non
avevano potenziale mercato. A caratterizzare il brodetto erano i piccoli
esemplari di cani (gattucci), gli
scorfani di fondo, le sepe coi ovi
(seppie con le uova), le cicale e la minutaglia, a cui si aggiungevano anche totani,
vongole e a volte qualche granchio.
Ora l’Adriatico offre poco: piccoli scorfani, triglie,
tracine, che vengono però pescati a strascico, metodo di pesca assolutamente
non sostenibile in quel mare dai fondali bassi e dal poco ricambio di acqua. In
tutto il Mediterraneo, ma soprattutto in Adriatico, sostiene l’esperto,
bisognerebbe favorire i metodi di pesca poco invasivi dei piccoli pescatori,
consumando le cicale prese a nassa, ad esempio. Ma il pescato di questi “artigiani
del mare” è destinato ad un mercato prevalentemente locale, data la scarsità
del “bottino” e le scarse economie di scala che i piccoli pescatori potrebbero
realizzare per la distribuzione del proprio pesce.

Gianni Depaoli, Prede e Predatori (particolare di tre elementi)

Si inserisce Angelo Mojetta, ponendo l’accento sulla
relazione tra domanda e offerta: 49 piccoli pescatori catturano la stessa quantità
di pesce di 8 grandi pescherecci industriali. Se il mercato conoscesse e
decidesse di consumare prevalentemente pescato di stagione, non a “km zero”
(utopistico per le grandi città, a prescindere dalla distanza reale dalla
costa) ma che percorre la minor distanza possibile (per rper Milano si
intende il bacino del Mediterraneo), e catturato con tipologie di pesca che non
depauperano l’ambiente ma lo rispettano, la richiesta potrebbe cambiare il
mercato dell’offerta.
In questo periodo di fine inverno/inizio primavera, ad
esempio, sarebbe perfetto chiedere a pescivendoli e supermercati sugarello,
totano, sgombro cavallo, boga, occhiata, aguglia, soace (sogliola spinosa)  e seppia, mente sarebbero da evitare, perché specie
stressate, alici e moscardini. Richiedendo esplicitamente prodotti non pescarti
a strascico. Oltre a guadagnare in gusto, freschezza e qualità, la nostra
cucina favorirebbe un consumo delle risorse che non aggrava i problemi dell’ambiente
marino.

Gianni Depaoli, Skin Project Semples

Ma vista l’attuale difficoltà di reperire facilmente questo
tipo di pescato, perché non sostituirlo semplicemente con pesci di allevamento?
Ci risponde Emilio Mancuso: i biologi sono concordi nell’apprezzare l’acquacultura
(ed esempio le spigole di Orbetello) e la vallicultura (come una volta orate e
muggini a Comacchio), cioè di ambienti marini chiusi dove i pesci si nutrono
delle normali risorse naturali. Ci spingono invece a riflettere sugli
allevamenti intensivi dove è l’uomo a controllare il nutrimento dei pesci:
animali come orate, spigole o salmoni, i più richiesti dal mercato attuale, sono
carnivori, quindi devono essere nutriti di altri pesci. E’ richiesta dunque la
pesca di sardine in quantità letteralmente industriali, perché servono 5 kg di nutrimento
vivo ogni kg di pesce allevato. E le sardine sono pescetti che si cibano di
plancton, quindi difficili e assolutamente antieconomici da allevare a loro
volta.
Qualche allevamento usa invece farine di soia, oli vegetali
e mangimi ottenuti dal bycatch (*), contribuendo
così ulteriormente al depredamento sconsiderato dei mari. D’altronde anche il
pesce pescato con metodi naturali e rispettosi dell’ambiente rischia l’estinzione,
se si continuano a catturare gli esemplari giovani appena sopra la taglia
consentita, senza dar loro tempo di crescere e riprodursi. Una cernia, ad
esempio, può vivere anche 70 anni: quanti suoi discendenti potrebbero
contribuire a ripopolare i mari se non la pescassimo all’inizio della sua vita
riproduttiva?

Il suggerimento che propone ISM per fare meglio, dunque, è
lo stimolo alla conoscenza di poche e semplici regole di consumo. Per informarsi su stagionalità, sistemi di pesca, provenienza e disponibilità del pesce ci sono
al momento alcuni siti che pubblicano tabelle guida di orientamento, come quella
del WWF svizzero
o il libretto Mangiamoli Giusti scaricabile dal sito di Slow Food. ISM sta preparando proprio in questo periodo un sito specifico di
informazione ed una pagina facebook di dibattito, in collaborazione con altri partner
che collaborano al progetto Blue Food:
Green Future?
Il sito è in allestimento e il progetto viene presentato in questi giorni a Milano a Fa’ la Cosa Giusta, il salone del consumo consapevole, a cui ISM e partner saranno presenti con uno
stand (**).

opera in materiale di recupero di Massimo Stomeo, di cui sarà esposto un pezzo nello stand BFGF

Un consumo consapevole a volte potrebbe anche implicare il
rifiuto delle soluzioni commerciali più facili. Ma ci sono anche altri piccoli
accorgimenti, a partire, per esempio, dalla valorizzazione gastronomica di
parti del pesce che arrivano comunque sul mercato ma che di soluto sono poco
usate: mai provata, chiede Di Lernia, una superba, saporitissima zuppa di testa
di ricciola?
L’intervista si chiude con una domanda (non potevo personalmente
farne a meno!) su risorse marine alternative come alghe e orti subacquei: tutti gli
esperti concordano che si tratti di risorse alimentari molto sottovalutate nel Mediterraneo, si rammaricano, ad esempio, che la salicornia sia usata quasi
solo come decorazione e ci spiegano che al momento, data la scarsa domanda, è
raccolta con criteri artigianali ma che potrebbe essere tranquillamente oggetto
di acquacultura… se solo ne fossimo più golosi!

Tutto è in mano anche a noi, dunque, e gli esperti ci rilanciano la palla: come consumatori ma anche come appassionati di cucina e come blogger, possiamo contribuire con qualche parola in più accanto alle nostre ricette ad una informazione utile e non superficiale sull’importanza della salvaguardia dell’ambiente marino.

sede dell’ISM a Milano, presso l’Acquario Civico

(* bycatch: i
grandi pescherecci industriali mediamente non operano una pesca selettiva,
raccolgiendo tutto quel che capita e poi ributtando a mari circa il 70 % del
prodotto, con un danno enorme alla biodiversità. Alcune aziende si sono
attrezzate per utilizzare questo enorme scarto, che comprende anche delfini,
foche o uccelli marini, e farne mangimi. Se l’intenzione di non sprecare è
buona, resta il problema di base di una raccolta indiscriminata, che
contribuisce fortemente al rischio di estinzione di molte forme di vita marina,
che per noi rappresentano nutrimento futuro.)

(** NB: importante! Per chi fosse interessato ad approfondire, i tre esperti
si sono gentilmente resi disponibili ad incontrare il pubblico di
MTC, al
padiglione 4, sezione Abitare Green, stand AG-50, dove saranno presenti a rotazione durante tutti i tre giorni della manifestazione, dal 18 al 20 marzo
.)

Le opere di Gianni Depaoli, artista molto vicino ai temi del rispetto ambientale, appartengono a questa serie.

5 comments

MTChallenge 18 Marzo 2016 - 18:19

Guarda, parte della diffidenza nei confronti del pesce delle pescherie di cui parlo nel mio post, è da attribuirsi alle ragioni così ben espresse in questo fantastico articolo. Sai quanto mi stia a cuore il tema della sostenibilità e del ritorno a sistemi di produzione del cibo che rispettino l'ambiente, gli animali e l'uomo. Chapeau Annalena, grazie infinite per questo contributo!

Tamtam 18 Marzo 2016 - 18:03

Intervista molto interessante, grazie per tutte le informazioni

Anonimo 18 Marzo 2016 - 13:34

Bellissimo post. Sempre più spesso davanti al banco del pesce vengo assalita dal disagio che mi suscita tutta quell'abbondanza di specie e quantità evocanti veri e propri saccheggi del mare; solo dieci anni fa certi pesci quasi non li conoscevamo. Sento di avere davvero bisogno di imparare a discriminare tra specie, pezzature, momenti dell'anno e provenienze. Grazie per le info; cercherò di documentarmi meglio;ulteriori contributi dell'MTC saranno ben accetti. Ciao 🙂
Maria Grazia

Giovanna Lombardi Gourmandia 18 Marzo 2016 - 9:36

Grazie per questo bel contributo. Mi piacerebbe che chi ha il potere di decidere molto, chi sta in alto insomma, facesse le scelte "consapevoli". Ma questa è utopia. Un abbraccio a tutti i pescatori :-)))

MTChallenge 18 Marzo 2016 - 8:27

Grazie Annalena e grazie ai prof. Mojetta, Di Lernia e Mancuso per questa intervista, per avermi aperto gli occhi su tanti aspetti legati al consumo di pesce che ignoravo completamente.
Ora acquisterò sicuramente il pesce in maniera più consapevole!

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